«Abbiamo il talento giusto per batterli, ma non è vero che siamo noi i favoriti»
Dicono che il marchese Vicente Del Bosque sia invecchiato. Che il fatto di ripetere sempre la stessa formazione rifletta una sorta di stanchezza mentale. Dicono anche che queste — forse proprio questa — sono le sue ultime partite sulla panchina della Real Selección Española, con cui ha conquistato il Mondiale e rivinto l’Europeo. E lui cosa dice? «Arrivando qui allo Stade De France pensavo proprio alle prossime qualificazioni per il Mondiale e al fatto che la Spagna continuerà, con me o senza di me: così va il calcio e così va la vita».
Sono mesi che don Vicente dice e non dice. L’annuncio ufficiale del suo addio non è mai arrivato. Ma tutti sanno che il tempo passa e che prima o poi questo galantuomo che è l’unico ad aver vinto tutto quello che conta, lascerà la Roja. Ma non ora, non qui: «Sono felice e onorato di rappresentare il mio Paese con un gruppo di ragazzi straordinari, difensori del calcio spagnolo e del suo stile. Il futuro per me è solo questa partita. L’Italia la conosciamo perfettamente. È vero che in passato contro le difese a 3 abbiamo avuto dei problemi, ma speriamo di essere alla nostra altezza. Non credo a quello che dice Conte: le percentuali di passare per le due squadre sono 50 e 50. Non ci sono favoriti. Dal 2008 nelle partite a eliminazione diretta noi non abbiamo mai fallito, ma oggi il passato non conta».
Per Del Bosque la serata perfetta è stata proprio quella contro gli azzurri nella finale di Kiev. Allora la Spagna non aveva il centravanti: oggi potrebbe giocare con Morata unica punta, ma anche senza. O con Aduriz al centro dell’attacco e l’ex juventino largo sulla sinistra. Le opzioni sono tante e tutte buone: «Dipendiamo dalla loro organizzazione di gioco — chiosa il c.t. — ma diciamo che ci piacerebbe prendere l’iniziativa. Dobbiamo stare attenti alla loro capacità di contrattaccare, però abbiamo l’ordine e il talento per poterli battere. Morata? È forte, è in forma».
Del Bosque, che da giovane ha studiato Magistero e avrebbe fatto il maestro se non avesse giocato nel Real Madrid, a volte dà quasi la sensazione di essere fuori dal tempo. Ma il garante dell’unità di uno spogliatoio ricco di tensioni sotterranee in questi anni — e in questi giorni con gli scontenti Pedro e Casillas — è sempre stato lui. Che ha avuto un maestro di calcio e di vita come Vujadin Boskov: «Faccio credere al giocatore che comandi lui e lo ascolto. Poi decido io». Finora è andata quasi sempre bene.
Il mio futuro? Per ora è solo la partita contro l’Italia, speriamo di essere alla nostra altezza