Ungheria spazzata via Il Belgio si gode il regalo
La squadra battuta dall’Italia sfrutta il 2° posto
TOLOSA E adesso il Belgio inizia a godersi davvero il pacco-regalo lasciato dall’Italia a Lione il 13 giugno scorso. I calciatori di Bruxelles, all’esordio nell’Europeo 2016, affrontarono la loro partita di purgatorio. Fecero un doloroso passaggio nel girone dei superbi. Incassarono, punizione per il loro peccato, la sconfitta contro gli azzurri. Ma alla fine ne sono usciti rigenerati. La prova sta nella prepotenza e la convinzione con cui si sono presentati ieri nello stadio di Tolosa per tartassare l’Ungheria con un’ora e mezza di calcio veloce, creativo, verticale, aggressivo.
E dopo il 4-0 all’Ungheria, arriva dunque il momento di gustare il dono della sorte: quella sconfitta con l’Italia ha lasciato il Belgio al secondo posto nel girone, ma quel piazzamento ha sistemato la squadra di Wilmots all’ingresso di un’autostrada verso la finale: venerdì i quarti contro il Galles, poi eventualmente lo scontro con la vincente di Polonia-Portogallo. Tutta un’altra vita, rispetto alla guerra dei giganti che si sta consumando dall’altra parte del tabellone: tra Francia, Germania, Italia, Spagna.
Nel primo tempo il Belgio è una giostra forsennata. Lukaku bastione davanti; Nainggolan guardiano arrabbiato a centrocampo con Witsel: in mezzo a questi due poli muscolari, sfreccia la triade Mertens/Hazard/De Bruyne. Le tre mezze punte pressano e corrono senza tregua. Producono una sequenza martellante di triangoli, dribbling, sponde, palle filtranti, fughe sulle fasce, incursioni in area, fiondate da fuori. A fine partita saranno oltre 30 tiri in porta, 4 gol, una traversa ( De Bruyne su punizione), grappoli di occasioni. Troppo di tutto per l’Ungheria, soffocata da un divario non colmabile dai polmoni e dalla pur alta propensione al sacrificio. Eppure una cosa a cui aggrapparsi i magiari ce l’hanno avuta: i ricamatori belgi, pur se più cattivi del solito, nella prima ora hanno sbagliato parecchio. Un sontuoso Hazard li ha guidati infine allo sfondamento.
E ora tutto si fa più chiaro: la generazione d’oro del Belgio è quella di oggi, sono questi gli anni in cui gli dei del calcio hanno squilibrato la distribuzione dei talenti e affidato a quella piccola Nazione di 11 milioni d’abitanti un’abbondante mezza dozzina di campioni. Tutti strapagati dai loro club. Tutti piuttosto presuntuosi. Tutti, in fondo, con la crescente coscienza di una missione: è qui e adesso, Francia 2016, che devono andarsi a giocare la finale. Ogni altra ipotesi sarebbe un fallimento. Arrivederci a venerdì, con i dragoni gallesi al seguito del «galactico» Gareth Bale.