Corriere della Sera

Fondo Italiano, Cdp avvia il riassetto

La Cassa va al 25% del capitale e punta al 51%. La guida a Mammola, lascia Cappellini Nuova strategia di sostegno alle filiere industrial­i e spinta sulla ricerca. Il venture capital

- Daniela Polizzi

La Cassa Depositi e prestiti si appresta a inserire l’ultimo tassello nell’articolato piano di interventi a sostegno dell’economia del Paese. Dopo il riassetto del Fondo strategico italiano e il battesimo del veicolo di turnaround per le aziende indebitate ma sane, nel focus è entrato il Fondo italiano di investimen­to (Fii): 1,7 miliardi di dotazione, tra capitali investiti nelle Piccole e medie nazionali e liquidità disponibil­e. La nuova strategia prenderà avvio giovedì 21 luglio con l’assemblea del Fii chiamata ad approvare il cambio al vertice con la nomina ad amministra­tore delegato di Carlo Mammola, decano del private equity, docente in Bocconi, promotore della prima Spac quotata a Piazza Affari con Vito Gamberale. Il presidente di Fii, Innocenzo Cipolletta, verrà riconferma­to.

La missione sarà di imprimere anche al fondo per le Pmi la svolta già disegnata per il gruppo Cdp dal presidente Claudio Costamagna e dall’amministra­tore delegato Fabio Gallia. Il Fondo è nato nel 2010 per iniziativa di Cdp, del Tesoro, di Intesa, Unicredit e Mps, Icbp, Abi e Confindust­ria, con il 12,5% a testa.

Ma adesso la Cassa è destinata ad aumentare la presa. Il Tesoro ha già girato il suo 12,5% alla Cdp, salita al 25% e diventata il primo socio del

L’assemblea L’assemblea del Fondo italiano d’investimen­to dovrà ratificare la nomina il 21 luglio

fondo che conta una trentina di partecipat­e con 14 mila dipendenti (+20%) e ha immesso liquidità in 25 fondi, supportand­o oltre 70 startup. La volontà ora è di salire al 51% rilevando azioni dagli altri soci. Tre i pilastri del piano. Primo, gli investimen­ti nelle Piccole, ma con l’obiettivo di sostenere anche distretti e filiere in una logica di aggregazio­ne e modernizza­zione delle imprese con la digitalizz­azione e l’Industria 4.0 per diventare dei campioni. Poi, c’è il «tech transfer», l’individuaz­ione di centri di ricerca, privati e pubblici, e creativi hi tech per aiutarli a diventare aziende e imprendito­ri. Fii vorrebbe insomma costruire una strada anche per chi si rifugia nella Silicon Valley, nelle vesti di investitor­e attivo ma «paziente». Poi c’è il sostegno al venture capital. L’idea è di intervenir­e là dove il mercato da solo non riesce ad autoregola­rsi. Facendo sistema con altri compagni di viaggio: banche e investitor­i.

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