E Serena si commuove: «Basta sparare ai miei fratelli»
Serena, la più forte tennista di ogni tempo (22 titoli Slam grazie al settimo piatto di Wimbledon, alzato ieri), è l’orgogliosa donna di colore che per 14 anni ha boicottato il torneo di Indian Wells: «Non potrò mai perdonare certi buuu razzisti». Serena è la figlia di Richard Williams, di Oracene Price e del ghetto di Compton, Los Angeles, nelle cui vene risuona ancora una canzone del rapper Game («Dream») dedicata a Yetunde, la sorellastra (da parte di madre) uccisa a 31 anni, nel 2003, con una pallottola alla testa: l’obiettivo era il fidanzato, in auto con lei. Delle sue origini, della sua appartenenza, oggi che è la ricchissima pop star dello sport mondiale, Serena parla malvolentieri, con poche eccezioni. Ieri, per esempio. Mentre sbranava Wimbledon, gli Usa esplodevano di tensioni razziali. La sparatoria di Denver, i cortei, il clima di guerra in molte città. Le abbiamo chiesto come si sente, ha risposto con passione: «Ho seguito tutto da Londra, certo, durante il torneo. Credo che chiunque abbia la pelle del mio colore senta crescere la preoccupazione. Vivo negli Usa, ho dei nipoti e mi chiedo: devo sperare che non escano di casa? Dovrei preoccuparmi che se vanno in giro in auto potrebbe essere l’ultima volta che li vedo? Ho paura che le conseguenze siano devastanti: sono bravi ragazzi, li amo. La risposta ai problemi degli Stati Uniti non è continuare a sparare ai nostri ragazzi di colore. È una disgrazia…».
La violenza non è mai una risposta: «La sparatoria a Dallas è stata tristissima. Nessuno merita di perdere la vita così, indipendentemente dal colore della pelle. Siamo tutti esseri umani. Dobbiamo imparare ad amarci l’uno con l’altro. Serviranno educazione, lavoro, sforzo ma dobbiamo riuscirci. La situazione, in generale, è molto triste. È doloroso assistere a ciò che sta accadendo nel mio Paese». Anche dal trono di Wimbledon.