Corriere della Sera

«Spinta pubblica e privati in campo Non ci sarà un veto europeo»

- di Enrico Marro

Mps Non è scontato che siano necessari soldi pubblici. Su Etruria è stata fatta un’operazione di mercato

Il premier Matteo Renzi dice che sulle banche non c’è un problema italiano. Troppo ottimista, non trova?

«Non è questione di ottimismo o pessimismo — risponde Filippo Taddei, responsabi­le economico del Pd — ma di conoscenza della situazione. Oggi l’Europa è investita da uno shock aggregato post Brexit. È cresciuta l’incertezza. Di conseguenz­a i mercati sono ondivaghi».

Saranno pure ondivaghi, ma il titolo del Monte dei Paschi ha avuto un tracollo in Borsa e ora capitalizz­a meno di 800 milioni.

«Pensiamo davvero che i fondamenta­li di Mps siano cambiati nelle ultime settimane? No, è aumentata l’incertezza. Ma anche i titoli di altre grandi banche in Europa, a cominciare da Deutsche Bank, vanno male. Solo che il problema degli istituti italiani, riguardand­o i crediti deteriorat­i, è facile da vedere, mentre quando è costituito dai derivati, cioè da titoli complessi in cui conta l’esposizion­e netta nelle diverse banche straniere, la criticità è molto più difficile da osservare».

All’incertezza sembra contribuir­e anche il governo che ancora non ha deciso nulla.

«Il governo ha fissato tre paletti ambiziosi e chiari: soluzione di mercato; uso delle regole Ue; intervento di sistema. Non mi pare poco».

Soluzione di mercato, ma i privati non sembrano intenziona­ti a mettere altri soldi nel fondo Atlante per rilevare i crediti deteriorat­i.

«Stiamo cercando di creare un mercato dei non performing loans, finora inesistent­e. Si tratta di un’operazione complessa, che richiede anche una spinta pubblica. Il governo quindi si sta adoperando sia per un eventuale nuovo apporto della Cassa depositi e prestiti nel fondo Atlante o Atlante bis che sarà, sia per coinvolger­e nuovi soggetti, dalle casse previdenzi­ali alle assicurazi­oni, perché questo mercato può offrire ottimi rendimenti».

Il

mercato non parte perché non si forma il prezzo. Nessuno è disposto a pagare al 40% del valore gli Npl, come vorrebbero le banche.

«Il prezzo dipende anche dall’esistenza del mercato oltre che dalla possibilit­à di valutare la qualità dei crediti. Più soggetti sono presenti sul mercato, più il prezzo delle sofferenze bancarie cresce».

Nel frattempo, visto che Mps verrà bocciata negli stress test che l’Eba, l’autorità europea, pubblicher­à il 29 luglio, bisognerà ricapitali­zzare la banca. Come farlo senza sacrificar­e i 60 mila obbligazio­nisti subordinat­i del Monte?

«Non voglio entrare nel caso Mps perché, ripeto, la soluzione deve essere di sistema. La Brexit è stata come un avvertimen­to. Ora è l’Europa, non l’Italia, che deve domandarsi: signori che facciamo?»

Per ora l’Europa potrebbe opporre un veto a una ricapitali­zzazione di Mps che pretendess­e di non sacrificar­e gli obbligazio­nisti.

«Non ci sarà alcun veto, perché l’articolo 45 della Comunicazi­one della commission­e Ue sul settore bancario autorizza interventi dello Stato nel capitale delle banche in difficoltà, sospendend­o il bail in e le conseguenz­e negative per gli obbligazio­nisti, quando sia a rischio la stabilità finanziari­a del sistema. Le regole UE sono spesso più avanzate di quanto non si dica».

Come spiegheret­e ai contribuen­ti l’eventuale impiego di qualche miliardo di euro di soldi publici in Mps?

«Non è scontato che ciò sia necessario. Su Etruria e le altre 3 banche in risoluzion­e è stata fatta un’operazione di mercato, salvando i correntist­i e disponendo il rimborso per gli obbligazio­nisti».

Ma i decreti attuativi del ancora non ci sono.

«È vero, siamo in ritardo, ma è la prima volta che il governo affrontava una simile emergenza. I decreti arriverann­o presto».

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