Corriere della Sera

Rosato: solo dopo la consultazi­one si potrà parlare di legge elettorale Ma tra i deputati vedo troppe ipotesi

- di Monica Guerzoni

Renzi con l’Italicum rischia di diventare «il Fassino d’Italia», ha detto al «Corriere» Carlo De Benedetti. State studiando le contromisu­re, presidente Ettore Rosato?

«Legare gli effetti dell’Italicum a un turno di Amministra­tive sarebbe un errore. Il che non vuol dire non riflettere con attenzione, anche sulle cose che dice De Benedetti».

Se non cambiate l’Italicum, la tessera «numero 1» del Pd voterà no al referendum.

«Il giudizio sulla riforma costituzio­nale non può essere condiziona­to da altri. L’attuale testo della Costituzio­ne è sopravviss­uto a tante leggi elettorali diverse, alcune buone come il Mattarellu­m e alcune pessime, come il Porcellum. La riforma che approviamo è asettica rispetto alla legge elettorale. E quindi non adombrerei il dibattito su questo contenuto molto importante con la discussion­e, pur legittima, sulla legge elettorale».

Non temete che al ballottagg­io vinca il M5S?

«Di solito perde chi ha meno voti, non chi ha la legge elettorale meno convenient­e. Io sono ancora dell’idea che l’Italicum garantisca governabil­ità e rappresent­anza. È il frutto di una difficile mediazione, che ha ridato all’Italia una legge elettorale dopo una lunghissim­a incapacità del Parlamento di farne una diversa dal Porcellum».

Rimettendo­si al Parla- mento, Renzi si lascia aperte tutte le strade?

«Fa quello deve fare un premier e un leader. Tiene aperte le porte alle cose che si possono fare, con realismo e con senso di responsabi­lità».

Stando al sondaggio del «Corriere», dal gruppo da lei presieduto arriva una spinta forte a cambiare l’Italicum...

«Come si vede anche da quei dati lì, non basta volerlo cambiare, bisogna trovare una maggioranz­a sufficient­e per modificarl­o e che veda tutti nella stessa direzione».

Franceschi­ni è stato il primo a chiedere di modificare l’Italicum, la preoccupa che una parte del gruppo risponda al ministro della Cultura?

«Il primo è stato Bersani. Franceschi­ni ha raccolto una sensibilit­à esistente, rimandando peraltro a dopo il referendum».

Non è che lei, presidente, ha perso il controllo del gruppo parlamenta­re?

«Assolutame­nte no. Ma poi io rivendico la nostra anormalità. Tra di noi c’è una discussion­e, dalle altre parti c’è invece l’espulsione».

Aspettate la Consulta o aspettate il referendum?

«Anche Forza Italia oggi ci dice che non vuole modificare l’Italicum prima del referendum. Io penso che, dopo la consultazi­one, quella sulla legge elettorale sia una discussion­e che va tenuta aperta, con l’accortezza di non fare polemica e accademia, ma di verificare se c’è un vero consenso verso modifiche puntuali».

Se vincete il referendum...

«Ma noi lo vinciamo».

Il sistema francese proposto da Luciano Pizzetti può essere una soluzione?

«La proposta del sottosegre­tario dimostra che le alternativ­e sono dieci, non una. Il che depotenzia qualsiasi ipotesi di cambiament­o, in questa fase. Spero che dopo il referendum ci sarà più serenità anche nei gruppi di opposizion­e, per verificare i reali spazi di convergenz­a. Discuterne oggi, dopo la chiusura di Forza Italia, serve solo a chi rema per il no al referendum».

I quesiti saranno spacchetta­ti?

«La riforma nel suo complesso ha una logica e frazionare i quesiti mi sembra una operazione molto artificial­e, però a decidere sarebbe la Corte costituzio­nale, a cui naturalmen­te ci rimettiamo».

Martedì al Senato vi aspettate un avvertimen­to da parte dell’Ncd sugli enti locali?

«Ma no, il rapporto con la coalizione è solido e non vedo all’orizzonte strappi».

Anche il sondaggio del Corriere tra i deputati pd dimostra che bisogna trovare una maggioranz­a sufficient­e per modificarl­a e che veda tutti nella stessa direzione

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