Corriere della Sera

«Ora il premio di coalizione può metterci tutti d’accordo»

Zanetti: a Matteo dico che leadership è anche saper tornare sui propri passi. Il Pd non sia arrogante

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Ci sono due gruppi di senatori e due di deputati che, rispettiva­mente per il Sì e per il No, sono già andati in Cassazione a chiedere che si celebri il referendum confermati­vo con un solo «quesitone». L’ipotesi che gli stessi parlamenta­ri possano fare due richieste diverse di referendum non è regolata. Ma in nome del favor per l’istituto si potrebbe sostenere che prevale il fatto che non è vietato sul fatto che non è previsto. In ogni caso, purché raggiungan­o il quorum (1/5 dei deputati o 1/5 dei senatori), i nuovi arrivati hanno senz’altro il diritto di

Enrico Zanetti, viceminist­ro e deputato di Scelta civica, è per lo spacchetta­mento del referendum sulla riforma costituzio­nale: «È il viatico migliore per dibattere del merito della legge invece che della sua personaliz­zazione».

È stato Renzi a trasformar­e il referendum in una sfida su Palazzo Chigi e governo?

Ma, sul piano politico, otterremmo comunque un risultato: se la Corte accettasse, potremmo avviare un dialogo con i cittadini; se respingess­e, la maggioranz­a avrebbe dimostrato apertura al confronto fra le forze di governo».

Non sarebbe piuttosto un arretramen­to di Renzi?

«Credo che il presidente del Consiglio e il Pd debbano considerar­e che i loro ultimi comportame­nti vengono letti non come espression­i di forza, ma di arroganza».

Un’accusa forte.

«Apprezzo Renzi come persona che si è conquistat­a metro dopo metro la sua carriera politica: non è un Di Maio, catapultat­o nella politica grazie a un marchio che funziona e a un ufficio di marketing che punta su di lui. Ed essendo intelligen­te, deve capire che alcune sue manifestaz­ioni di forza meritano un ripensamen­to. Ritornare sui suoi passi, accettando quanto gli chiedono alleati e cittadini, non sarebbe debolezza, ma capacità di leadership».

Vale anche per la legge elettorale?

«Il premio di coalizione, anziché di lista, è un minimo comun denominato­re a molti: con il Pd, Area popolare, noi, e Ala al Senato, si può fare molto rapidament­e. Sarebbe il segnale di una nuova collegiali­tà di maggioranz­a».

L’Italicum era stato presentato come salvifico e non migliorabi­le. Adesso che sembra poter favorire il M5s, si vuole cambiare?

«Politica è anche prendere atto delle situazioni che mutano, anche in termini di consenso popolare. Se Renzi vuole restare in linea con l’elettorato, lanci un segnale».

Lei intanto sta formando un nuovo partito.

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