I beni della Chiesa Il Papa separa gestione e controlli
Già il titolo del motu proprio, «I beni temporali», fa capire la preoccupazione fondamentale di Francesco. Perché la lettera con la quale il Papa ha voluto stabilire la «netta e inequivocabile» distinzione tra l’amministrazione e la gestione diretta del patrimonio (affidate all’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio apostolico della Santa Sede) e il controllo e la vigilanza su amministrazione e gestione stesse (il compito della Segreteria per l’Economia) va oltre il chiarimento definitivo sulle competenze, reso necessario anche dalle frizioni degli ultimi anni nella Curia. Il motu proprio è un passaggio fondamentale nella riforma avviata da Francesco nel 2014, la necessità della trasparenza risale all’essenziale: «I beni temporali che la Chiesa possiede sono destinati a conseguire i suoi fini e cioè il culto divino, l’onesto sostentamento del clero, l’apostolato e le opere di carità, specialmente a servizio dei poveri», mette in chiaro il Pontefice. «La Chiesa sente la responsabilità di porre la massima attenzione affinché l’amministrazione delle proprie risorse sia sempre al servizio di tali fini». Così Francesco stabilisce la summa divisio tra chi amministra e chi controlla. La Segreteria per l’Economia del cardinale australiano George Pell vede così ridotti i poteri iniziali di «super-ministero delle Finanze» e dovrà controllare e vigilare sull’Apsa, presieduta dal cardinale Domenico Calcagno, alla quale spetta «l’amministrazione dei beni e la gestione finanziaria». Si chiede «collaborazione reciproca». E comunque l’ultima parola sarà del Papa: «Eventuali questioni saranno sottoposte alle decisioni di un mio delegato».