Il custode del rifugio conteso sul Bianco
Armando Chanoine ha riaperto il «Torino». La lite tra Italia e Francia sui confini
Se dovessimo dare retta ai francesi, anche il Rifugio Torino, 3.375 metri sul Monte Bianco, sarebbe cosa loro.
Sulle mappe transalpine il confine non segue, come è prassi, la cresta spartiacque delle montagne ma qui, all’inizio del ghiacciaio del Colle del Gigante, crea una bizzarra onda inglobando tutto, neve e rifugio. Il gestore, che ha appena riaperto dopo un inverno di ristrutturazioni (chiedendo i permessi, ovviamente, in Italia), la prende scherzosamente. «Mi chiamo Armando Chanoine, ho il nome italiano e il cognome francese. Comunque vada, io sono tranquillo...».
Chanoine, 53 anni, che da quattro si occupa con la famiglia (ha cinque figli) di questo storico ristoro per alpinisti, si è trasformato suo malgrado in una sorta di «avamposto» italiano sul territorio di una disputa secolare. Al Rifugio Torino, costruito dal Cai nel 1952 cento metri sopra alla vecchia struttura che ospitò il partigiano Sandro Pertini che tornava in Patria, tutto è cambiato dall’anno scorso. Da quando è stata inaugurata la spettacolare Skyway, la funivia che consente a chiunque di provare in dieci minuti l’ebbrezza dell’alta quota. «La scorsa estate qui sembrava di stare su una spiaggia di Rimini» ammette sogna avere i ramponi e muoversi in cordata».
Lo scorso settembre, con la motivazione del rischio di incidenti, due guide alpine francesi misero transenne e lucchetti proprio davanti al rifugio, «annettendosi» almeno un centinaio di metri rispetto a quello che fino ad allora era il confine accettato di comune accordo.
Quest’anno c’è un cancello senza lucchetti e cartelli d’avviso ovunque messi dal Soccorso alpino della Guardia di Finanza. Ma si sa che le tentazioni sono più forti dei divieti, così non sono esclusi nuovi colpi di scena. Il sindaco di Courmayeur, Fabrizia Derriard, mostra serenità. «La situazione è tranquilla. E con il collega di Chamonix c’è la massima collaborazione». Ci sono stati anche incontri a livello diplomatico, dopo che l’Istituto geografico militare italiano e il corrispettivo francese, hanno misurato e mappato tutto nuovamente. Nessuna decisione ufficiale è stata ancora presa. «Per i francesi il Monte Bianco appartiene a loro, «La prima cosa da fare in caso di incidente? Capire da che lato sono scivolati gli alpinisti»
è espressione della loro “grandeur”. E l’Italia è sempre stata in silenzio» osservano Giorgio e Laura Aliprandi, esperti di cartografia storica alpina, forse i primi a sollevare il caso dei confini contesi a metà degli anni Ottanta. Al lavoro Armando Chanoine, 53 anni, da quattro si occupa con la famiglia (è padre di cinque figli) dello storico «Rifugio Torino» sul Monte Bianco, diventato meta dei tantissimi turisti che salgono sulla funivia panoramica Skyway
In questa terra di nessuno, per non urtare la sensibilità del vicino, finora si è preferito evitare occasioni di scontro. «In caso di incidente, la prima cosa che devo capire — spiega il gestore Chanoine — è da che parte sono scivolati gli alpinisti e avvertire il soccorso italiano oppure quello francese». Nessuno ovviamente si è mai tirato indietro, ma la forma va rispettata.
Secondo Google, che nel silenzio dello Stato italiano ha sposato la versione francese, il confine passerebbe addirittura in mezzo al rifugio, spaccandolo in due: il bar in Italia, il ristorante già in Francia. Chissà che a qualcuno non venga in mente di chiedere i documenti a chi va a prendere una zuppa.