La produttività di un’economia aumenta se i settori più moderni riescono ad attirare più risorse di lavoro e capitale
Paesi. Purtroppo, il problema non è solo italiano. Larry Summers, ministro del Tesoro negli ultimi anni di Bill Clinton, rettore per cinque anni dell’Università di Harvard, nipote di due premi Nobel per l’economia e lui stesso in predicato per ricevere lo stesso riconoscimento, ha coniato il termine di «stagnazione secolare» per definire la debolezza di lungo periodo dei Paesi industrializzati. Scava scava, quando si parla di una crescita ostinatamente debole, quando non sotto lo zero, si finisce sempre per sbattere sulla mancata crescita della produttività, cioè di quel di più, di quel valore aggiunto reso possibile dal progresso tecnico, dai miglioramenti nella conoscenza e nell’efficienza dei settori produttivi.
Ma com’è possibile che la produttività cresca poco o niente del tutto quando siamo nell’era delle grandi, strabilianti innovazioni che ci stanno attorno, che ogni giorno ciascuno di noi può letteralmente toccare con mano: Internet, telefoni cellulari, computer e tablet con potenze mai viste prima, televisioni via satellite, treni ad alta velocità? Questo è il grande, grandissimo interrogativo a cui risponde Robert Gordon, professore di scienze sociali alla Northwestern University di Evanston nell’Illinois, in The Rise and Fall of American Growth, salutato come il libro che promette di influenzare il dibattito economico — e, di riflesso, la politica — con la medesima forza del libro, Il capitale nel XXI secolo, che un paio d’anni fa il francese Thomas Piketty dedicò al tema della disuguaglianza.
In più di 750 pagine (ma quello di Piketty ne contava addirittura 950!), tanto ricche di dati, di informazioni, di osservazioni minute, persino di aneddoti e racconti (da Lincoln a Via col Vento, dal Boeing 707 ai supermercati Walmart) da offrire, nonostante la mole, una lettura appassionante, Gordon mostra come le innovazioni di oggi non valgano quelle degli anni tra il 1920 e il 1970 — gli antibiotici, il crollo della mortalità infantile, l’allungamento della vita media, l’acqua corrente, il riscaldamento e l’aria condizionata nelle case, le automobili, il trasporto pubblico, i frigoriferi e la conservazione dei cibi, eccetera, eccetera — che, valsero a modificare in profondità la vita delle persone, accompagnarono la trasformazione da una società prevalentemente rurale ad una urbana e permisero un salto nella produttività negli anni successivi e più vicini a noi che difficilmente potrà tornare. Gordon, che, cifre della produttività alla mano, tende a relegare nell’ambito dell’intrattenimento il portato delle «rivoluzioni» dell’era di Internet («volevamo le automobili volanti, abbiamo ricevuto 140 caratteri») non prevede, come tanti altri, grandi sconvolgimenti dall’arrivo e dalle future applicazioni dell’intelligenza artificiale, delle produzioni in tre dimensioni o dei robot: né nel bene, con nuovi, miracolosi progressi nella produttività, né nel male, con la tanta temuta perdita di posti di lavoro.
Sono le statistiche che non riescono a cogliere in pieno e a misurare l’impatto delle nuove tecnologie e il valore, anche di termini di maggior qualità, delle produzioni che queste permettono? O c’è qualcosa di più? Una possibile risposta viene dal guardare alla produttività non sulla scala delle singole imprese o dei singoli settori bensì in una scala più larga. La produttività globale di un’economia aumenta se i settori più innovativi riescono non solo a produrre in modo più efficiente ma a crescere, attirando verso di loro più risorse di lavoro e di capitale da altri settori meno produttivi. La crescita, dunque, tornerà se e quando aumenterà il numero di coloro che potranno spendere, consumare e acquistare le produzioni dei settori più innovativi. Con il che si ritorna al problema della disuguaglianza e, a questo strettamente correlato, dell’istruzione. Gordon e Piketty non sono così distanti tra loro.
Differenze In “The Rise and Fall of American Growth”, Robert Gordon mostra come le grandi novità di oggi non valgano quelle degli anni tra il 1920 e il 1970
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