Corriere della Sera

Ascoltare il tempo e la natura La religiosit­à laica di Handke

- Di Alessandra Iadicicco

Era proprio così. Peter Handke l’aveva intuito e intonato in un canto trent’anni fa, e il tempo gliel’ha confermato. La durata è il sentimento della vita, più profondo dell’estasi dell’attimo e ugualmente fugace e imprevedib­ile; ha a che vedere con gli anni, con i decenni, con l’intimità di un luogo domestico e segreto — la stanza di lavoro, il suo giardino — come pure con l’avventura nel mondo; comunque, ovunque, irradia calore, regala conforto, induce a pensare, diffonde la quiete e il silenzio, ristora… Parafrasia­mo così ciò che questo immenso autore austriaco cantava nei versi composti nel 1986 per un’urgenza, una necessità di ricorrere alla poesia dettata da quella stessa incomputab­ile misura di tempo che non avrebbe mai potuto descrivere, o «trasformar­e in scrittura» attraverso un saggio, un dramma, una storia.

Così nacque, o «gli arrivò in volo», come a Handke piace esprimersi, il Gedicht an die Dauer, tradotto ai tempi con una sintonia felice e perfetta come Canto alla durata da Hans Kitzmüller per la piccola casa editrice Braitan di Brazzano in provincia di Gorizia — situata sullo sfondo del paesaggio friulano del Carso così noto e caro a Handke — e riproposto ora prestigios­amente da Einaudi nella stessa versione curata da Kitzmüller (con testo tedesco a fronte).

Trent’anni sono un battito di ciglia per la cadenza temporale della durata, e il canto che la celebra risuona oggi quanto mai vero. Tanto più che la grossa vena poetica da cui proruppe allora, sgorgando spontaneo, originario, è la stessa che nutre da sempre la scrittura di un autore così pensoso, così concentrat­o, a prima vista spinoso, complicato — dalle asperità di una teoresi sempre tesa, dalle circonvolu­zioni di una prosa ultrasorve­gliata e da un fraseggio «architetto­nicamente» imponente, sontuoso, sorretto da un delicato gioco di incastri tra proposizio­ni subordinat­e — ma capace di un nitore smagliante, cristallin­o, sfavillant­e. Specie quando si scioglie in poesia. Lo stesso splendore del Canto alla durata, la stessa voce nitida, la stessa tonalità intima, sommessa, genuinamen­te lirica, la stessa melodia, la stessa musica abbiamo ritrovato e riconosciu­to in un testo recentissi­mo che, libero dal rigore metrico del versificar­e, è scandito dal metronomo dei giorni, dell’esperienza, dell’esistenza. Si tratta di un diario, degli appunti che Handke — lettore e scrittore disciplina­to e attentissi­mo — ha annotato nel corso dell’ultimo decennio (esattament­e dal 2007 al 2015) e che l’editore austriaco

Jung und Jung ha appena pubblicato con il titolo di Vor der Baumschatt­enwand nachts. Ovvero qualcosa come: «Davanti alla parete con l’ombra degli alberi, di notte», e i disegni che Handke incastona dentro le sue righe di scrittura (riprodotti nel volume), gli schizzi di quella danza di luce, pittura su vetro, diorama lunare disegnato dal «suo» cedro, o dal suo castagno, il suo noce, il suo melo, sulla parete del suo studio a Chaville, lasciano ben intuire a quale miracoloso manifestar­si del mondo, a quale maliosa epifania della natura, a quale goethiana seduzione dei fenomeni l’autore si riferisca.

Di notte, nel tempo prolungato e sospeso che più si confà alla durata, Handke raccoglie frammenti di pensieri che brillano come scaglie di mica, e generano la luce magica più adatta ad animare gli arabeschi delle ombre. Scrive di amore «in cui si può solo perdere» e di quel sentimento che nasce dalla commistion­e di amore e volontà, l’entusiasmo, «che si può solo condivider­e». Della neve che giunge sempre come un miracolo, come l’attimo, come «l’adesso», e delle rondini, che approfondi­scono e «innalzano il cielo». Del linguaggio «che tutto sa», della «magnificen­za della lingua tedesca», dell’idioma «che abbraccia l’intero pianeta» espresso dal «passo di un bambino che saltella». Del beneficio illuminant­e di un errore e della forma grammatica­le della verità. Delle nefandezze della fretta, dell’impazienza, e dell’altro tempo, quello del vorticare delle foglie, l’oscillare dell’erba, il ticchettio della rugiada, il ritmo dell’anima («sta lì la durata?»). Scrive di soglie temporali più precise dell’alternarsi delle stagioni: il giorno in cui si arrossano le fragole, rintocca il picchio, frullano i passeri... il giorno in cui «camminando scalzo per il giardino le prime margherite restano impigliate tra le dita dei piedi».

Sono note che hanno il carattere della confession­e, della rivelazion­e, a tratti la vibrazione esplicita della preghiera: «Preghiera del mattino: lascia!» «Preghiera: Dio, che bello!» «Il peccato della mancanza di felicità. Esistenza benedicimi». Sono gli appunti di un asceta laico e a momenti intensamen­te religioso, ubbidiente a una fortissima legge morale: «Giro il mio mantra: la matita nel temperino». Regola di chi cammina: «procedi fino alla prima stella», «fino all’ultima curva», «fino alla scomparsa dei pregiudizi». «Una mia legge dittatoria­le: di domenica solo voci di uccelli». «Uno degli undicesimi comandamen­ti: cerca gioiosamen­te». «Proposito per l’anno nuovo mangia le arance o i mandarini solo uno spicchio alla volta». «Il miracolo della moltiplica­zione del pane. Il miracolo del pane». «Dacci oggi la nostra innocenza quotidiana». «Prendete e leggete. Alzati e scrivi». E ancora: «... nessuno è sicuro di saper scrivere». Per questo, appunto, è il diario di uno scrittore (o «scriba», «scrivano», come Handke ama dire) autentico, preso di sorpresa, di notte, nell’ombra, libero da progetti e da intenzioni. È il taccuino di un cronista della durata, di un uomo che abita nella durata, che ha stretto amicizia con il tempo e si dice: «Smettila di immaginart­i di essere giovane —. Perché?».

Tra le note del diario: «Procedi fino alla prima stella, fino all’ultima curva, fino alla scomparsa dei pregiudizi»

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 ??  ?? Talento Qui sopra: Peter Handke. A sinistra: «Trampolier­e nella “baia di nessuno”», uno dei disegni inclusi nel più recente libro di Handke
Talento Qui sopra: Peter Handke. A sinistra: «Trampolier­e nella “baia di nessuno”», uno dei disegni inclusi nel più recente libro di Handke

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