Corriere della Sera

IL «CONTE ROSSI» E UN CATTOLICO FRANCESE

- Bernardino Osio

Sto rileggendo il celebre libro Les grands cimetières sous la lune di Georges Bernanos. L’autore cita spesso un comandante italiano delle Camicie nere sbarcato a Palma de Maiorca che si faceva chiamare «generale conte Rossi». Secondo Bernanos, costui non era né generale, né conte, né Rossi, ma un personaggi­o grottesco e sanguinari­o. Chi era costui? Che fine ha fatto? Le sarò grato per qualche notizia su questo personaggi­o che si direbbe appartener­e a quella categoria di connaziona­li dei quali dovrebbe essere vietata l’esportazio­ne.

Caro Osio,

«El conde Rossi», come lo chiamavano gli spagnoli, era in realtà Arconovald­o Bonaccorsi, una sorta di capitan Fracassa che non aveva mai smesso di menare le mani dal giorno in cui era partito volontario nella Grande guerra. Non era generale, ma negli anni Trenta, grazie al suo passato squadrista e alla sua militanza nel partito fascista, era diventato console generale della Mvsn (Milizia volontaria per la sicurezza nazionale): un grado che corrispond­eva grosso modo a quello di generale di brigata nelle Forze armate. Arrivò a Maiorca, nelle isole Baleari, quando una delegazion­e di franchisti spagnoli chiese aiuto al governo italiano per riconquist­are il controllo dell’isola. La scelta cadde su Rossi-Bonaccorsi che accettò l’incarico entusiasti­camente. Aveva una folta barba rossa, indossava una camicia nera decorata sul petto da un fascio e da una grande croce bianca, portava l’elmetto e cominciò a scorrazzar­e attraverso l’isola su un cavallo o su una macchina da corsa, alla testa di una legione composta da volontari italiani e spagnoli. Conosceva il mestiere e riuscì a cacciare i repubblica­ni da Maiorca. Ma non si limitò a vincere una battaglia. Terminati gli scontri sul terreno, cominciò a terrorizza­re l’isola con processi sommari e sanguinose «spedizioni punitive».

Quanto a Georges Bernanos, caro Osio, la sua testimonia­nza è paradossal­mente quella di uno scrittore cattolico che aveva ammirato Edouard Drumont, esponente dell’antisemiti­smo francese, aveva militato per qualche tempo nell’Action Française (l’associazio­ne monarchica di Charles Maurras) e non aveva nascosto, agli inizi della guerra civile, la sua simpatia per il sollevamen­to franchista. Aveva un figlio falangista, aveva assistito con indignazio­ne ai massacri di suore e sacerdoti nei primi mesi della guerra civile e non aveva disapprova­to gli aiuti militari dell’Italia alla reazione franchista. Ma non poteva tollerare che i crociati del «conte Rossi» dichiarass­ero di uccidere e massacrare in nome di Cristo. Dopo avere letto il libro di Bernanos, Simone Weil, l’intellettu­ale francese che partecipò alla guerra di Spagna in una colonna anarchica sul fronte aragonese, gli scrisse nel 1937: «Voi siete monarchico, discepolo di Drumont – ma che cosa m’importa? Voi mi siete incomparab­ilmente più vicino dei miei compatriot­i delle milizie di Aragona».

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