Il mercato del lavoro che non premia lo studio
Nel complesso dell’Unione Europea, le persone nel mercato del lavoro che posseggono un’istruzione di terzo livello – laurea o comunque post maturità – sono il 33%. In Italia il 20%, al pari della Turchia, la quota più bassa dei 28 Paesi se si eccettua la Romania (18%). Il problema del livello basso di formazione è uno dei più seri nel Paese; ed è ben conosciuto. Eurostat ha però pubblicato pochi giorni fa le statistiche su quanti laureati (o pari) sono attivi nei settori che si definiscono culturali. Campo molto ampio. Si tratta di persone che, non importa in quale ruolo, operano in un settore legato alla cultura: da cinema e televisione alla musica, da archivi e musei a teatri e librerie, dalla moda e design all’architettura e al giornalismo, fino agli scrittori e agli artigiani di qualità. Sei milioni di persone, nella Ue, poco meno del
3% della popolazione attiva; 602 mila in Italia, il 2,7% (dati 2014). Si scopre che, anche tra i «lavoratori della cultura», in Italia la situazione della formazione e dell’istruzione è pessima, ancora peggiore di quella generale se si considera il patrimonio culturale del Paese. La quota generale della Ue di lavoratori con un’educazione terziaria che operano in questi settori è del 60%; quella italiana del
43%. Peggio di noi, solo Malta, al 40%. Per fare alcuni confronti: Francia, 62% di laureati; Germania, 59%; Spagna, 75%; Regno Unito, 66%. Il livello più alto è quello del Lussemburgo, 83%. Non è necessariamente una laurea a fare la differenza di qualità: in Italia ci sono artisti, creativi, lavoratori con capacità straordinarie formate nell’esperienza sul campo. La differenza con il resto dei Paesi europei, però, è indicativa di un sistema dell’istruzione che non incentiva lo studio e di un mercato del lavoro che non lo premia. Anche in settori, come quelli legati alla cultura, per i quali è difficile sostenere che l’istruzione e la formazione non siano importanti. Un aspetto interessante è la quota di lavoratori in proprio. Nel complesso dell’economia, in Italia è la più alta d’Europa (23%) dopo la Grecia (31%). E lo è anche tra i 132 mila «artisti e scrittori», per il 62% non dipendenti da datori di lavoro: superata solo da Olanda e Gran Bretagna, entrambe al 65%. In sé non un fatto negativo: anch’esso segno che pure nel campo della cultura si va avanti nonostante mercato del lavoro e istituzioni.