Corriere della Sera

Il mercato del lavoro che non premia lo studio

- di Danilo Taino @danilotain­o Statistics Editor

Nel complesso dell’Unione Europea, le persone nel mercato del lavoro che posseggono un’istruzione di terzo livello – laurea o comunque post maturità – sono il 33%. In Italia il 20%, al pari della Turchia, la quota più bassa dei 28 Paesi se si eccettua la Romania (18%). Il problema del livello basso di formazione è uno dei più seri nel Paese; ed è ben conosciuto. Eurostat ha però pubblicato pochi giorni fa le statistich­e su quanti laureati (o pari) sono attivi nei settori che si definiscon­o culturali. Campo molto ampio. Si tratta di persone che, non importa in quale ruolo, operano in un settore legato alla cultura: da cinema e television­e alla musica, da archivi e musei a teatri e librerie, dalla moda e design all’architettu­ra e al giornalism­o, fino agli scrittori e agli artigiani di qualità. Sei milioni di persone, nella Ue, poco meno del

3% della popolazion­e attiva; 602 mila in Italia, il 2,7% (dati 2014). Si scopre che, anche tra i «lavoratori della cultura», in Italia la situazione della formazione e dell’istruzione è pessima, ancora peggiore di quella generale se si considera il patrimonio culturale del Paese. La quota generale della Ue di lavoratori con un’educazione terziaria che operano in questi settori è del 60%; quella italiana del

43%. Peggio di noi, solo Malta, al 40%. Per fare alcuni confronti: Francia, 62% di laureati; Germania, 59%; Spagna, 75%; Regno Unito, 66%. Il livello più alto è quello del Lussemburg­o, 83%. Non è necessaria­mente una laurea a fare la differenza di qualità: in Italia ci sono artisti, creativi, lavoratori con capacità straordina­rie formate nell’esperienza sul campo. La differenza con il resto dei Paesi europei, però, è indicativa di un sistema dell’istruzione che non incentiva lo studio e di un mercato del lavoro che non lo premia. Anche in settori, come quelli legati alla cultura, per i quali è difficile sostenere che l’istruzione e la formazione non siano importanti. Un aspetto interessan­te è la quota di lavoratori in proprio. Nel complesso dell’economia, in Italia è la più alta d’Europa (23%) dopo la Grecia (31%). E lo è anche tra i 132 mila «artisti e scrittori», per il 62% non dipendenti da datori di lavoro: superata solo da Olanda e Gran Bretagna, entrambe al 65%. In sé non un fatto negativo: anch’esso segno che pure nel campo della cultura si va avanti nonostante mercato del lavoro e istituzion­i.

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