Corriere della Sera

Lazio-Bielsa, volano gli stracci: «Cercava solo un pretesto» Lotito: «Era un atto d’amore verso i tifosi, ma i programmi non cambiano». Il contratto finirà in tribunale

- Andrea Arzilli

Il calcio esce ai rigori, il basket all’overtime. Battuta sul più bello, a un passo da quel ritorno ai Giochi olimpici che sfugge di mano quando era lì da prendere: a Rio va la Croazia. Decide, in negativo, l’Italia che spreca, che va in affanno, che si solleva e risprofond­a, che concede uomini chiave stavolta senza però trovare valide alternativ­e. Da salvare Melli e qua e là Gallinari. Pessimo Gentile, Belinelli ha provato a vincerla da solo, ma purtroppo il basket è uno sport di squadra.

Forse ha ragione chi sostiene che l’Italia poteva perdere solo da se stessa, perché più profonda, più fisica e di qualità di una Croazia che aveva dalla sua il vantaggio di poterci provare sì da sfavorita e sul campo nemico, eppure con la testa più libera da pressioni. O la va, o la spacca: è andata per loro, di nuovo una bestia nera, di nuovo l’ostacolo che separa Azzurra da quel salto in avanti che stavolta pareva sicuro e pure logico. Non andare ai Giochi non è una tragedia e non riporta le lancette del basket al «tempo zero» dal quale era ripartito qualche anno fa. Ma lo ricolloca in un limbo nel quale tornano d’attualità temi struttural­i sul movimento, in fondo su questa generazion­e Nba che è costretta a rinviare ancora la sua consacrazi­one. Azzurra lascia Torino con il magone, la priorità del suo domani sarà definire se il conducator sarà ancora Ettore Messina.

Un guasto al tabellone è l’imprevisto che spezza un avvio Deludente Andrea Bargnani a caccia del rimbalzo (LaPresse)

L’email di Marcelo Bielsa è ancora lì, in cima alla posta in arrivo. E la Lazio, in grande fretta, attrezza una conferenza stampa per provare a dominare il misto di scherno e rabbia che le è rovinato addosso nelle ultime quarant’otto ore, da Roma e dal mondo. C’è da esternare una verità, ovviamente contrappos­ta a quella del «Loco», ma non è tempo di dare risposte.

Così il club all’inizio della conferenza è subito chiaro con la stampa: a Claudio Lotito non si può fare alcuna domanda, il presidente chiuderà il giro di interventi con il suo commento, ma non sarà possibile avere uno scambio. Alla fine, infatti, Lotito resta a parlare con pochi intimi, solo uditori, perché una ventina di cronisti esce dalla sala media di Formello, nonostante lo strenuo tentativo di porre almeno una domanda al presidente. «Questa è casa mia e le regole le detto io. Se non le sta bene, può andarsene», la risposta.

Poi passa al discorso, pochi concetti per dire che non cambierà nulla, Bielsa o non Bielsa: «I programmi della Lazio non saranno abbandonat­i. Rinforzere­mo la squadra. Gli investimen­ti sono gli stessi, la scelta di Simone Inzaghi non è un ripiego, è venuta meno l’attuazione di un contratto non per nostra volontà. La scelta di Bielsa era un atto d’amore: volevamo far sognare i tifosi».

Le spiegazion­i sul perché con il «Loco» sia tutto saltato, con tanto di retroscena e parere sulla destinazio­ne della controvers­ia legale, Lotito le lascia ai collaborat­ori. Ai quali, a loro sì, è possibile fare domande. La prima è sulla dettagliat­issima email con cui Biel- sa ha inoltrato le dimissioni portando lo zero sul mercato come primo motivo: «Non c’è una parola nel contratto, una, che riguarda la campagna acquisti — dice l’avvocato del presidente, Gian Michele Gentile —. Si è voluto creare un pretesto per sganciarsi da questo contratto. Evidenteme­nte è successo qualcosa tra il 1° e il 7 luglio che avrà fatto cambiare idea a Bielsa. Il contratto è stato depositato per il permesso di lavoro. La situazione è molto grave: il contratto è sottoposto a legge e giurisdizi­one italiane, possiamo ricorrere alla tutela arbitrale prevista dalle norme federali o ai giudici del lavoro». Si va per tribunali.

Poi tocca al ds Igli Tare, l’ultimo ad aver avuto l’onore di litigare (sul brasiliano Pato) con Marcelo Bielsa: «Lo chiamano “Loco”, ora abbiamo capito il perché...».

Lotito È venuta meno l’attuazione di un contratto non per nostra volontà. La scelta di Inzaghi non è un ripiego

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