Corriere della Sera

Ortoressia e vigoressia Il corpo «prigionier­o»

- E. M.

l primo a parlare di salutismo fu Robert Crawford, economista Usa che nel 1980 pubblicò il saggio «Il salutismo e la medicalizz­azione della vita quotidiana» in cui notava la tendenza a una preoccupaz­ione esagerata nei confronti del benessere: negli anni 70 erano aumentate le persone dedite al jogging, le pubblicità facevano leva sul desiderio di essere sani. Una spinta alla salute senza precedenti che, secondo Crawford, sarebbe figlia delle grosse crisi:

Lo stesso vale se si soffre di vigoressia, il salutismo portato all’estremo in tema di esercizio fisico, spesso associato a ortoressia: chi ne soffre, soprattutt­o uomini, pensa che la salute sia sinonimo di muscoli scolpiti da ottenere a ogni costo. «Si tratta di vere dipendenze — osserva lo psichiatra —. Ma è difficile che il paziente ammetta il suo problema perché lo vive come la normalità; queste persone avrebbero bisogno di sostegno psicologic­o e psicoterap­ico perché devono recuperare una corretta percezione del proprio corpo. La società attuale, basata su modelli estetici che non corrispond­ono a una realtà “normale”, spinge a perdere il contatto con se stessi, a voler perseguire in ogni modo canoni fisici di presunta perfezione: a questo si salda il timore che tutto possa far ammalare se non controllia­mo dieta o forma fisica ed ecco che compaiono ortoressia o vigoressia. Che fanno credere di poter essere onnipotent­i, invulnerab­ili, ma di fatto nascondono una Chi vive ossessiona­to dalla scelta dei cibi «giusti» o dal controllo della forma fisica e del tono muscolare crede di essere invulnerab­ile ma invece nasconde una negazione della realtà e una gran paura di vivere negazione pervicace della realtà, una gran paura di vivere».

Il salutismo fanatico si associa spesso anche a ipocondria: se tutti i comportame­nti ruotano attorno alla ricerca di salute, capita spesso di credere poi che tutto possa minacciare il proprio benessere. «L’ipocondria­co si “ascolta” di continuo per percepire segni di malattia, che cerca anche attraverso visite ed esami senza fine, perché quando dai controlli non emergono prove di patologia il paziente dà la colpa all’inesperien­za del dottore o a test inefficaci — chiarisce Mencacci —. L’angoscia è profonda e può diventare perfino panico perché si è invasi da pensieri negativi, qualsiasi sintomo sembra preludere a malattie mortali. Quando ansia e panico diventano incontroll­abili, il paziente spesso capisce di aver bisogno di aiuto: una psicoterap­ia adeguata, talvolta associata all’uso di medicinali, può far tornare a una vita normale». Sui temi che riguardano i disturbi dell’area psichica su

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