Corriere della Sera

Usa, più di duecento arresti «Sventati attacchi terribili»

Dopo la strage Dallas sotto assedio per l’arrivo di Obama

- di Giuseppe Sarcina Danna, Gaggi Olimpio, Palumbo

Stati Uniti ancora in allarme dopo la strage di Dallas. Già oltre duecento arresti per gli scontri di questi giorni tra manifestan­ti e forze dell’ordine. E le minacce si susseguono. Sarebbero stati sventati nuovi terribili attacchi. Dallas, intanto, è blindata per l’arrivo del presidente Obama che ha elogiato l’operato della polizia.

DAL NOSTRO INVIATO

Sarà una delle prove più difficili della sua presidenza. Domani, nel Meyerson Symphony Center di Dallas, Barack Obama parlerà nella cerimonia interrelig­iosa, in memoria dei cinque agenti uccisi giovedì 7 luglio. Dovrà tenere insieme la rabbia dei manifestan­ti afroameric­ani. Lo spirito di rivalsa, finora contenuto dalle autorità, dei poliziotti di Dallas e non solo. L’amarezza, la disillusio­ne dei «black people» che si sentono dimenticat­i nelle periferie del Paese. Gli attacchi politici degli avversari che gli rimprovera­no di aver creato un clima favorevole all’attacco.

Dallas, la città in cui fu assassinat­o John Fitzgerald Kennedy, rimanda in automatico alle tensioni razziali degli anni 60. Ma non c’è bisogno di andare così lontano nel tempo: basta e avanza l’America del 2016.

Il sindaco Mike Rawlings, partito democratic­o, e soprattutt­o il capo della polizia, David Brown, hanno dato disposizio­ni per riportare Dallas il più possibile alla normalità. Rimangono chiuse ancora alcune strade di downtown, quelle della strage. Le pattuglie sorveglian­o con discrezion­e le vie più affollate, le stazioni ferroviari­e, i mall. Ma davanti al commissari­ato in Lamar Street, dove prestavano servizio le vittime, tra i palloncini blu e le candele, una sottuffici­ale chiede di non essere citata: «Dopo quello che è successo siamo molto, molto preoccupat­i per la sicurezza del presidente. Evitiamo anche di parlarne tra di noi, ma è un retropensi­ero fisso». Poi allarga le mani, come se aprisse una scatola: «C’è una divisione mai vista a Dallas». Sembra così anche in altre città del Paese: l’altra notte sono state arrestate più di 260 persone. A St. Paul, nel Minnesota, dove mercoledì 6 luglio Philando Castile è stato ucciso da un agente, in diretta su Facebook grazie al video girato dalla compagna Diamond Reynolds, un gruppo di manifestan­ti ha lanciato sassi, petardi, bottiglie, mattoni contro le forze dell’ordine: cinque feriti. A Baton Rouge, in Louisiana, dove martedì Presidente Barack Obama, 54 anni 5 luglio gli agenti hanno freddato un altro afroameric­ano, Alton Sterling, la protesta è terminata con l’arresto di 100 attivisti e di uno dei leader più in vista dell’organizzaz­ione «Black Lives Matter», DeRay Mckesson. Scontri e 19 arresti anche a Chicago. Marce un po’ ovunque, a Washington, New York, San Francisco, Miami. Obama, ieri, ha cominciato a preparare il terreno: «Chiunque sia preoccupat­o della giustizia e attacca la polizia, sabota la propria causa e se commette un delitto deve essere perseguito. Credo che la gente, negli Stati Uniti, voglia che le relazioni tra la polizia e le comunità migliorino, ma bisogna anche rispettare le frustrazio­ni che queste comunità sentono».

A mezzogiorn­o nella City Hall di Dallas si ritrovano i più volenteros­i, i pontieri della «comunità», mentre sui social si fronteggia­no anche le fazioni più estreme. È difficile orientarsi, trovare un punto di osservazio­ne equilibrat­o. Si può provare mettendosi in macchina, lasciandos­i alle spalle le cerimonie ufficiali e viaggiando nelle contraddiz­ioni di Dallas e forse di gran parte dell’America. Primo passaggio: gli attivisti accusano i poliziotti di «profilare» i maschi afroameric­ani tra i 18 e i 35 anni. Cioè di metterli in cima ai controlli e alla lista degli individui sospetti. Ed è vero. Sono loro che vengono sistematic­amente fermati e in 57 casi nel 2015 uccisi anche se disarmati. Ma nel Sud di Dallas, a Dixon e in altri quartieri, è evidente che il traffico di droga è controllat­o dai giovani afroameric­ani. Stessa cosa per il mercato clandestin­o delle armi: serve una pistola, magari un revolver Colt Pyton? I ragazzi neri le vendono a duecento dollari: cinque-sei volte meno che in negozio. Ogni pattuglia di Dallas, e di molte altre metropoli americane, naturalmen­te sa bene che è così. Ma i leader delle organizzaz­ioni faticano a fare i conti con questa realtà.

Marquita Brown è un’operatrice sociale nelle aree più difficili di Dallas. È un’afroameric­ana sulla trentina e lavora per «Recharging Lives»: aiuta chi ha bisogno di assistenza sanitaria nella comunità, per esempio i malati di diabete. Ecco il secondo passaggio, come lo spiega Marquita: «Adesso a Dallas tutti sono intorno a quelle macchine a portare i fiori o a parlare. Bene. Dopodiché, se ci sarà tempo, ricordiamo­ci anche di come vivono i neri in questi quartieri. Abbandonat­i, senza alcun tipo di assistenza».

Scendendo verso Sudest si allunga una striscia verde di campi da golf, complessi residenzia­li. È la cosiddetta «gentrifica­zione», ma di alto livello. Via i vecchi quartieri, via i vecchi insediamen­ti: spazio alle speculazio­ni, ai grandi affari. «I prezzi delle case diventano insostenib­ili, le tasse anche», riassume Marquita Brown. Solo gli afroameric­ani più ricchi riescono a scavalcare il fossato e restare in città. A tutti gli altri non resta che ritirarsi in un mondo parallelo, carico di rabbia, disillusio­ne, amarezza.

Questa, probabilme­nte, è la base materiale, sociale, psicologic­a di quella «divisione» cui si riferiva la sergente di polizia. Con Obama in campo tutto ciò diventa un enorme problema politico. I giornali e le tv americane prendono garbatamen­te in giro il presidente, sostenendo che da capo militare, «Commander in Chief», è diventato «Consoler in Chief», il grande Consolator­e. A Dallas si è capito che non basta più.

 ?? (Reuters) ?? Abbraccio Un funzionari­o di polizia di Dallas colto in un momento di tenerezza con un bambino andatogli incontro per omaggiarlo. Il luogo in cui si celebra questa scena è il quartier generale della polizia nella città texana. Dopo l’attentato compiuto...
(Reuters) Abbraccio Un funzionari­o di polizia di Dallas colto in un momento di tenerezza con un bambino andatogli incontro per omaggiarlo. Il luogo in cui si celebra questa scena è il quartier generale della polizia nella città texana. Dopo l’attentato compiuto...
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