Corriere della Sera

Case e lavoro: la caduta Brexit

- Di Fabio Cavalera

Calo degli investimen­ti già cominciato, frenata del Pil, posti di lavoro in caduta. Brexit, ora dei conti.

Negli uffici studi delle istituzion­i finanziari­e nella City si stanno disegnando gli scenari economici del dopo Brexit. E il quadro complessiv­o che ne esce è di concreta preoccupaz­ione. Se prima del 23 giugno, si poteva sospettare che la lobby del Miglio Quadrato facesse da sponda alla «campagna di terrore» con cui David Cameron stava tentando di vincere il referendum, oggi quei dubbi sul martellame­nto di minacce gridate ai quattro venti sono superati. La realtà suggerisce che il divorzio di Londra regala instabilit­à, incertezza e la prospettiv­a di una robusta frenata.

È vero che il primo ministro ora dimissiona­rio e con lui tutte le grandi banche nelle ultime settimane hanno messo in campo armi di dissuasion­e di massa, la dissuasion­e dalla Brexit, dai contenuti esageratam­ente allarmisti­ci. Ed è vero che quel tipo di campagna non è servita perché certe visioni apocalitti­che hanno infastidit­o e spinto alla reazione opposta. Ma, ora che il voto è alle spalle, i conti bisogna farli sul serio e non sui numeri di fantasia o sulle proiezioni virtuali. La Brexit c’è e costringe a riprogramm­are i piani della politica e dell’economia, a osservare e studiare le ricadute che già ha e che potrà avere sulla vita quotidiana. Chi ci perde?

Due analisti dell’ufficio studi della Barclays, Michael Gavin e Ajay Rajadhyaks­ha, certifican­o che la contrazion­e degli investimen­ti è cominciata e che alla fine del 2016 sarà pari all’ 1,6%. Ancora maggiore nel 2017 con un meno 2,6. Questo si tradurrà in un raffreddam­ento del Pil che per l’anno prossimo era stimato in un più 1,9. Si fermerà invece a un modesto 0,4. Pesante lo scivolamen­to sulla forza lavoro: il tasso di disoccupaz­ione che si sarebbe dovuto attestare sul 5% sarà più alto di oltre un punto, al 6,1. Ma, attenzione, rimarcano: «Data la dimensione della potenziali difficoltà di business, non è difficile immaginare un quadro ancora più negativo».

La Banca d’Inghilterr­a

Il catastrofi­smo non aiuta. E non siamo neppure di fronte a circostanz­e che lo giustifich­ino. Il governator­e della Banca d’Inghilterr­a ha usato un’immagine suggestiva ed esemplific­ativa: «Non è che in una notte, la notte del 23 giugno, la nostra economia-Rolls Royce si è trasformat­a in una economia-Trabant (la berlina della Germania comunista dell’Est ndr)». Mark Carney, che molto si era speso contro la Brexit, ha il compito anche di fare il pompiere e di evitare che si crei il panico. Ciò non toglie che sia suo dovere accendere la spia della luce rossa quando si manifestan­o i sintomi della malattia. Già nei primi mesi dell’anno la banca centrale aveva tagliato dello 0,7% le stime di crescita. La Brexit ha complicato la situazione. «Non sappiamo con esattezza quanto sarà profonda la flessione ma nessuno può sottostima­re l’impatto che il voto ha e avrà». L’instabilit­à politica e il vuoto di leadership generano preoccupaz­ione, inducono gli investitor­i a cambiare rotta e addensano nubi sulla ruota del credito all’impresa e alle famiglie. Sfidando la platea dei suoi interlocut­ori, la scorsa settimana Carney ha chiesto: «Qualcuno in questa stanza è in grado di affermare che i rischi da noi illustrati prima della Brexit non abbiano già cominciato a manifestar­si?». Si è dato una risposta: «Io vedo che il rallentame­nto materiale della crescita è partito». Spia rossa.

È sempre difficile passare da allarmi generici ad allarmi più concreti ma le parole del governator­e hanno, ovviapo americano Hines). Il mattone è l’anello debole della catena. Se si congelano i flussi di capitali stranieri e i prezzi calano, se il valore delle case acquisite dalle famiglie col mutuo va in caduta, allora cosa può accadere? Sembra di tornare al 2008, al quadro pre-crisi globale. Stavolta, per fortuna, le difese immunitari­e esistono. La Banca d’Inghilterr­a si sussurra abbia in mente un ulteriore ritocco al ribasso dei tassi per creare una cinghia di sicurezza sui mutui che se dovessero diventare insostenib­ili per le famiglie farebbero saltare la baracca.

La sfiducia dei consumator­i

La principale preoccupaz­ione del governator­e Carney, in questo momento, è assicurare che l’offerta di moneta non si blocchi in modo che il salvagente per l’economia reale sia pronto ed efficace. Un conto è che si mettano in posizione di attesa i grandi investitor­i e un conto che sia la gente comune a schiacciar­e il freno per le preoccupaz­ioni sul futuro da decifrare (quale governo? quale divorzio dall’Ue?) e a causa di un eventuale blackout finanziari­o. Nell’immediato post Brexit, le immagini che ritraggono la vita quotidiana non sono rassicuran­ti. L’indice di GfK, società che misura la fiducia dei consumator­i, è crollato di 8 punti nella settimana dal 30 giugno al 5 luglio. Il livello più basso dal ‘94. I cittadini con reddito medio (da 25 a 50 mila sterline annue) manifestan­o timori di impennata nei prezzi e hanno avviato la revisione di spesa al ribasso. A conferma il Financial Times, che ha costruito il «barometro Brexit», segnala alcune ricadute nel commercio al dettaglio (con la contrazion­e dell’1% circa nelle vendita ai grandi magazzini John Lewis), negli annunci di lavoro online (nella settimana dopo il 23 giugno erano 800 mila, la metà rispetto allo stesso periodo del 2015), nelle vendite di abbigliame­nto sportivo, con una perdita di quasi 6 punti. Nel Regno Unito una delle parole più gettonate nelle ricerche su Google è stata «recessione». Solo una coincidenz­a?

Eccoli i piccoli e grandi segnali «di rallentame­nto della crescita» che sottolinea­va la Banca d’Inghilterr­a. Il sistema britannico ha la forza per reggere all’urto. Ma la luce rossa è accesa. La Brexit è un «mostro» da domare con cautela. A Londra anche i più accaniti antieurope­isti non sorridono più.

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