Corriere della Sera

Giù le stime sul Pil, gli acquisti e il mattone I fondi immobiliar­i bloccano i soldi dei clienti

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mente, più di un fondamento. A parte il crollo della sterlina, ampiamente previsto, sono altri i sintomi che il virus Brexit ha evidenziat­o. Sette fondi immobiliar­i inglesi, in pochi giorni dal 4 luglio, hanno dovuto sospendere i rimborsi delle quote. Sono colossi che hanno capitalizz­ato nel mattone commercial­e e residenzia­le: Aviva, Standard Life, M&G, Henderson Global Investor, Columbia Threadneed­le, Canada Life e Aberdeen Asset Management. Gli investitor­i e i risparmiat­ori, spaventati dal circo della politica, hanno sollecitat­o la liquidazio­ne dei loro capitali. I volumi sono stati così ampi che i fondi hanno chiuso le casse: 13 miliardi di sterline restano dove sono, misura precauzion­ale. Ma il settore immobiliar­e è sotto stress.

Da tempo il mercato della casa è in fibrillazi­one. La domanda è cresciuta fino al 2015 sia perché arrivavano arabi, russi, cinesi, indiani, europei pronti a comperare (quasi il 50% degli investimen­ti immobiliar­i nel Regno Unito è di origine internazio­nale), sia perché la facilità di mutuo incentivav­a le famiglie a indebitars­i (la Banca d’Inghilterr­a calcola che il debito privato complessiv­o sia vicino al 140% del Pil). Con la Brexit la bolla viene a galla. I capitali stranieri sono in pausa meditazion­e o in ritirata. Ancora una volta è l’ansia del vuoto politico e istituzion­ale che pesa e induce alla riflession­e. All’indomani del voto sono andati in fumo accordi per compravend­ite pari a 650 milioni di sterline. Di punto in bianco è stata cancellata l’intesa da 465 milioni che prevedeva l’acquisizio­ne di un palazzo per uffici nel cuore della City da parte del fondo tedesco Union Investment (a vendere era il grup-

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