Corriere della Sera

La famiglia della reporter uccisa fa causa ad Assad

- Lorenzo Cremonesi

Americana Marie Colvin, uccisa a Homs nel 2012

Che il regime siriano uccida deliberata­mente e su larga scala civili, medici, attivisti, giornalist­i e chiunque sia percepito come un nemico non è cosa nuova. Non è nuovo sottolinea­re che le brutalità di Isis e dei gruppi jihadisti locali sono anche una reazione alle gravissime violenze commesse dai militari e dalle milizie fedeli al presidente Assad. Ma talvolta questa semplice verità viene dimenticat­a. Ce la ricorda ora la decisione della famiglia di Marie Colvin, celebre reporter di guerra del settimanal­e britannico Sunday Times uccisa dalle bombe dei lealisti a Homs il 22 febbraio 2012, di fare causa contro il regime. Un’azione legale presentata al tribunale distrettua­le di Washington, visto che l’allora 56enne Colvin era cittadina Usa. E che arriva dopo una lunga inchiesta, la quale ha permesso di ottenere documenti riservati in cui si prova che fu Maher, fratello di Assad e capo della famigerata Guardia Repubblica­na, a fare tracciare il telefono satellitar­e della giornalist­a. Vi si specifica che un capo delle milizie filogovern­ative, Khaled al Fares, ottenne una «berlina di lusso nera» dopo il raid. L’artiglieri­a siriana mirò per uccidere, morì anche il fotografo francese 28enne Remi Ochlick.

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