Corriere della Sera

La riunione tra i clan e la curva «Con gli stadi facciamo i soldi»

- Gianni Santucci

Lo storico capo dei «Drughi» (ultrà bianconeri) proclama uno sciopero del tifo per JuveToro del febbraio 2014. La telefonata interessan­te avviene due giorni prima. Rocco Dominello, all’epoca 38 anni, figlio di Saverio, appartenen­te alla cosca Pesce/Bellocco di Rosarno (il gotha della ‘ndrangheta), si offre di fare da mediatore. Non chiama un criminale, né un picchiator­e da stadio. Telefona ad Alessandro D’Angelo, «security manager» della Juventus. Ed è proprio quest’ultimo a pronunciar­e la frase che scolpisce il marcio nei rapporti tra società calcistich­e e tifosi in Italia: «Io voglio che voi state tranquilli e che noi siamo tranquilli e che viaggiamo insieme, allora se il compromess­o è questo a me va bene! Se gli accordi saltano, ognuno faccia la propria strada». Gli accordi sono: la società (o almeno alcuni suoi dirigenti apicali) concede i biglietti che gli ultrà (o la criminalit­à) sfruttano per il bagarinagg­io; in cambio, ottiene la calma nei rapporti con i tifosi.

I biglietti di Marotta

Lo Juventus Stadium viene celebrato fin dalla sua costruzion­e come il simbolo della società che sta traghettan­do il calcio italiano verso il Rinascimen­to. Secondo l’inchiesta della Procura di Torino, tra le tribune di quello stadio, si sarebbero invece intrecciat­i, tra 2013 e 2014, torbi- di accordi tra alcuni dirigenti della società (non indagati), ultrà e ‘ndrangheta.

Il 23 ottobre 2013 si gioca Real Madrid-Juve (Champions League). E qui emerge una figura chiave dell’inchiesta. Fabio Germani: fondatore di «Bianconeri d’Italia», organizzaz­ione no profit di tifosi. È lui che ha accreditat­o il giovane Dominello ai piani alti della Juve. Ed è sempre lui che, prima della partita di Champions, contatta Giuseppe Marotta, amministra­tore delegato bianconero. Marotta fa avere a Germani una busta di biglietti, recapitata all’hotel «Principi», raccomanda­ndo «massima riservatez­za». Negli stessi giorni Dominello smercia 10 biglietti e se li fa pagare (750 euro) con un assegno intestato alla Juventus, più 200 euro in contanti, che sono il suo guadagno.

I timori del dirigente

Storicamen­te i gruppi ultrà hanno una primaria fonte di guadagno. Quando le partite sono da tutto esaurito, hanno comunque i biglietti. Potere e guadagni che solo le società possono concedere (o meno). Secondo i pm e il gip torinesi, in questo caso è stata direttamen­te la ‘ndrangheta a «fondare» un gruppo ultrà (i «Gobbi») per entrare nel business del bagarinagg­io. Ma ogni tanto qualcosa va storto.

A gennaio 2014 un tifoso manda una mail alla Juve lamentando­si di aver pagato 640 euro un biglietto per Juve-Real Madrid. La società scopre che quel tagliando rientra nella quota «nera»

Il security manager Io voglio che voi e noi siamo tranquilli: se il compromess­o è questo a me sta bene I tagliandi rivenduti I biglietti messi a disposizio­ne da Marotta finiscono al figlio di un appartenen­te alla cosca

trattata da Rocco Dominello. Allora Stefano Merulla, responsabi­le «ticket office» del club, chiama il suo contatto Germani e si lamenta: «L’hai portato tu e l’hai presentato in un certo modo... non so che mestiere faccia, ma ho la percezione che abbia un’influenza abbastanza forte nella curva». Come dire: lucrare sì, ma con cautela. Dalle carte si comprende che alcuni dirigenti della Juve probabilme­nte non avevano idea dello spessore criminale dell’interlocut­ore. Il security manager però, spiega il gip, «trovava comunque un espediente per aggirare i divieti ufficiali a favore di Dominello».

Il 15 febbraio 2014, in un bar di via Duchessa Jolanda a Torino, gli investigat­ori seguono un incontro tra Germani, Dominello e Marotta. Secondo la ricostruzi­one, i tre parlano di un provino alla Juve per il figlio di Umberto Bellocco, del clan di Rosarno (il ragazzo non verrà preso).

La fondazione

Per entrare nella curva dello Stadium, il picciotto Giuseppe Sgrò ha avuto il benestare del padrino e rassicura i suoi sottoposti: «Noi abbiamo le spalle coperte, abbiamo i cristiani che contano». Gli uomini della ‘ndrangheta organizzan­o anche una «tavola rotonda» con gli altri ultrà per sancire il loro ingresso. Per un interesse che, di calcistico, non ha nulla: «Non ho un ca... da fare e mi butto dentro gli stadi. Se prendiamo soldi, che ca... me ne frega a me?».

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