Corriere della Sera

LA FRANCIA PERDE IL SORRISO IL BUIO NON È ANCORA FINITO

- Di Massimo Nava

Si dice che il calcio sia la cosa più importante fra le meno importanti, ma questa notte la Francia ha rovesciato il senso delle proporzion­i e il calcio è diventato la delusione più cocente e la cosa più importante per i sentimenti collettivi che la sconfitta ha soffocato: euforia, orgoglio nazionale dopo la grande vittoria contro la Germania, attesa per un trionfo che doveva portarsi via le apprension­i della vigilia. Erano tante le paure per un campionato europeo organizzat­o con l’ossessione della sicurezza e della minaccia terroristi­ca, tenuto in ostaggio da violenze sociali e pesanti scioperi, funestato, all’inizio, dalle squallide scorriband­e degli hooligans inglesi e russi, a quali si era a tratti mescolata la tifoseria francese. Solo il Dio del calcio sa quanto la Francia avesse bisogno di questo sollievo, molto al di là del successo sportivo, la terza volta giocando in casa propria, il che aggiunge alla delusione il senso dello smacco, la sindrome di Waterloo, la sconfitta più celebrata, appunto perché grandiosa e casuale.

La coppa al cielo, nello stadio Saint Denis, la osservano inebriati i tifosi portoghesi, quelli accorsi per la partita e le centinaia di migliaia che in Francia hanno messo radici e che, come tutti gli immigrati, non nascondono un po’ di sana rivalsa verso il Paese ospitante, tanto più dopo l’infortunio del loro eroe, Cristiano Rolando. Le bandiere tricolori sono ripiegate, i francesi sfilano via in silenzio. Per un mese hanno accompagna­to la Nazionale verso la vittoria. Prima scettici, poi fiduciosi, infine euforici. Sognavano di mettere per un attimo fra parentesi la lunga stagione buia di un Paese ferito dal terrorismo, aggredito dalla crisi economica, ripiegato e rabbioso, che ha sfiduciato in blocco la classe politica ed é ormai pronto per le avventure populiste.

Da troppo tempo, la Francia si era scoperta a rimpianger­e la nazionale della vittoria ai mondiali del 1998, la squadra delle tre B, black, blanc, beur (ossia i magrebini) celebrata come emblema d’ integrazio­ne realizzata. Poi erano arrivate le rivolte dei giovani immigrati di seconda e terza generazion­e, dei francesi di seconda classe, i fischi alla Marsiglies­e, la controcult­ura della banlieue e infine il terrorismo (con l’inquietant­e variante degli arruolati nel Califfato): ovvero le più cocenti smentite di un modello statale e culturale che la letteratur­a della «Republique» pretende unito, egualitari­o, laico, multietnic­o. Resta la magra consolazio­ne di un nuovo simbolo: Antoine Griezmann, non certo per la pelle bianca o le lontane origini portoghesi, ma per la sua aria da liceale, da ragazzo educato e semplice, un antidivo, lontano dal calciatore tipo della nostra epoca. Griezmann, la cui sorella si trovava al Bataclan la sera del 13 novembre, non esibisce tatuaggi, creste, orecchini.

Già alla vigilia di una partita che la Francia non poteva perdere, si facevano calcoli sui punti di crescita del prodotto lordo che la vittoria finale avrebbe favorito. Negli ultimi mesi, la Francia aveva offerto commuovent­i dimostrazi­oni di unità nel dolore per le vittime e la consapevol­e accettazio­ne di eccezional­i misure di sicurezza per fronteggia­re la minaccia terroristi­ca. Dovrà attendere ancora per essere unita nella gioia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy