OBAMA E L’EUROPA: UN ADDIO NEL SEGNO DELL’INCERTEZZA
Chi li ha visti da vicino, dice che il tono delle conversazioni sia stato affettuoso, quasi malinconico. Il pensiero che fosse l’ultimo appuntamento europeo da presidente per Barack Obama ha aleggiato per tutto il vertice Nato di Varsavia. A rendere ancora più densa di incertezze e ansie l’atmosfera è stato il fatto che il congedo del presidente americano si sia consumato in un contesto geopolitico mai così carico di sfide, pericoli e rischi per l’Alleanza. Ma più che le mire espansionistiche di Mosca sul fronte orientale, la crisi Ucraina, le minacce dal fianco Sud, dal terrorismo jihadista alle pressioni migratorie, più che il prolungamento della missione afghana o il nuovo fronte della cybersecurity, il vero elefante nei corridoi dello Stadio Nazionale è stato la Brexit, tema dominante di ogni discussione non vincolata dal programma, di ogni incontro informale. Obama lo ha affrontato di petto, segno che nessuno più degli Stati Uniti si preoccupi delle possibili conseguenze del voto con cui i cittadini britannici hanno deciso l’uscita dalla Ue. Ed è significativo che il presidente americano, pur ammettendo che il risultato getti incertezza sul futuro dell’integrazione europea, si sia affrettato a liquidare i profeti di sventure che vedono la Brexit minacciare l’intero edificio comunitario: «Questo tipo di iperbole è fuori luogo», ha detto Obama. Due sono i punti fermi indicati dal capo della Casa Bianca: che il negoziato per la separazione sia «il più ordinato possibile» e che l’esito finale sia «un rapporto il più vicino possibile» tra Londra e i 27. Perché una cosa è chiara: «Gli Stati Uniti rimarranno amici, alleati, partner e avranno relazioni molto strette con entrambe le sponde della Manica». Ci sono ragioni strategiche, quelle che vedono Londra dare il maggior contributo alla sicurezza europea, nella Nato, dopo gli Usa: «Questo non dovrà cambiare». E ragioni economiche: «È importante — ha detto Obama — che nessuno irrigidisca le sue posizioni in modi che danneggerebbero le rispettive economie e quella mondiale, in una fase piuttosto instabile».