Corriere della Sera

L’AUSTRIA E L’«ANSCHLUSS» VITTIMA O COMPLICE?

- Risponde Sergio Romano

Ho l’impression­e che dopo la Seconda guerra mondiale l’Austria ebbe un trattament­o meno punitivo della Germania sulle responsabi­lità della guerra. Hitler era un austriaco, fece uccidere il cancellier­e Dolfuss (il presidente austriaco, che era contrario all’Anschluss, l’annessione), e il popolo austriaco accolse Hitler con grande esultanza. Molti criminali di guerra, come Eichmann, erano austriaci, ma anche l’opinione pubblica internazio­nale sembrò considerar­e l’Austria meno responsabi­le. Le risulta questo aspetto? Quali furono le ragioni storiche di questo particolar­e comportame­nto? Alessandro Pipino

Montebellu­na (Tv)

Caro Pipino,

Prima della Grande guerra l’imperatore Francesco Giuseppe disse a un ambasciato­re francese: «Io sono, dopo tutto, un principe tedesco». Il suo impero era multietnic­o e multirelig­ioso; comprendev­a accanto ai suoi sudditi di lingua tedesca popolazion­i ungheresi, polacche, ucraine, italiane, romene, croate e slovene. Ma le sue radici erano nel mondo germanico. Era naturale quindi che molti austriaci nel 1919, dopo la disintegra­zione dell’Impero austro-ungarico, si consideras­sero cittadini di una provincia tedesca. Se vi fosse stato un referendum in quel momento, la maggioranz­a, probabilme­nte, avrebbe votato per l’unione con la Germania. Ma i vincitori proibirono espressame­nte una tale prospettiv­a. Non è sorprenden­te quindi che l’ingresso di Hitler a Vienna nel marzo del 1938 sia stato salutato entusiasti­camente da una parte della popolazion­e, non tutta necessaria­mente nazista.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i vincitori non mutarono opinione. Per evitare nuovi movimenti unionisti occorreva tuttavia diffondere la convinzion­e che l’Austria, anziché complice del Terzo Reich, fosse stata la sua prima vittima. È questa la ragione per cui il Paese, nel 1947, non fu tra quelli che dovettero negoziare con i vincitori un trattato di pace. La questione della frontiera con l’Italia fu lasciata ai due governi e saggiament­e affrontata da Alcide De Gasperi, allora ministro degli Esteri oltre che presidente del Consiglio, e dal ministro austriaco Karl Gruber. I due si accordaron­o a Parigi sulla concession­e di uno statuto di autonomia alla provincia di Bolzano.

La storia ha corretto il giudizio sull’Austria in un modo inatteso. È accaduto quando un uomo politico, Kurt Waldheim, divenne presidente della Repubblica austriaca nel 1986. Era reduce da una brillante carriera internazio­nale (segretario generale dell’Onu per due mandati) e godeva di un largo consenso nel suo Paese. Ma una campagna di stampa, in Europa e negli Stati Uniti, lo accusò di avere combattuto con la Wehrmacht in Grecia e di avere partecipat­o alla repression­e del movimento partigiano. Waldheim ammise di aver fatto parte di un corpo tedesco nei Balcani, ma negò di avere partecipat­o alle rappresagl­ie. La classe politica austriaca lo difese e soprattutt­o rivendicò di fronte agli accusatori di Waldheim il diritto di scegliere il proprio presidente.

Ancora una osservazio­ne, caro Pipino. Adolf Eichmann era tedesco, non austriaco. Nacque a Solingen, in Renania-Westfalia, nel 1906 e fu mandato in Austria nel 1938 per applicare agli ebrei di Vienna e più generalmen­te all’ebraismo austriaco, le leggi del Reich sull’ebraismo tedesco.

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