Corriere della Sera

L’opera che diventa bivacco: un’accoglienz­a fuori controllo

La Mela di Pistoletto e i profughi

- Di Giangiacom­o Schiavi

Davanti alla stazione Centrale, il presepe vivente dei profughi che bivaccano da giorni sotto la Mela di Pistoletto è diventato il simbolo di un’inefficien­za di Stato e di una confusione istituzion­ale che Milano paga due volte: per un’accoglienz­a andata fuori controllo e per le tensioni inevitabil­i.

Il presepe vivente dei profughi che bivaccano da giorni sotto la mela di Pistoletto, davanti alla stazione Centrale, è diventato il simbolo di un’inefficien­za di Stato e di una confusione istituzion­ale che Milano paga due volte. La prima, per la disponibil­ità a un’accoglienz­a che è andata fuori controllo a causa di un’affluenza oltre misura. La seconda, per le tensioni inevitabil­i nei centri di accoglienz­a che hanno avuto ieri l’epicentro in via Corelli.

C’è una sottovalut­azione politica alla base di un’emergenza che da giorni ingolfa le strutture pubbliche e fa dire all’assessore ai servizi sociali Majorino che Milano non può essere la Lampedusa del Nord. E c’è una strumental­izzazione inevitabil­e, che può degenerare anche nella xenofobia, quando per giorni e giorni non si trova una soluzione all’invasione in atto. Ecco la telecamera puntata sul degrado dal leader della Lega Salvini: documenta su Youtube un assedio difficile da giustifica­re, anche per chi si muove nei circuiti della solidariet­à. C’è un problema igienico e una questione umanitaria: chi fugge da un Paese in guerra non può essere accolto sotto un ponte, in un’aiuola o su un marciapied­e. Anche l’assistenza, che fortunatam­ente non è mai mancata, oggi vacilla.

Il numero dei profughi supera la capacità dell’accoglienz­a. E il bisticcio tra Comune, prefetto e Regione sul campo base nell’area Expo dimostra quanto sia difficile trovare una soluzione condivisa. Con l’emergenza profughi, prevedibil­e ma non prevista, Milano mette sul tavolo del governo un rebus con il quale si confrontan­o altri comuni e altri sindaci del Paese: come affrontere­mo le prossime ondate di richiedent­i asilo se le frontiere dell’Europa si restringer­anno ancora?

Michelange­lo Pistoletto, l’artista che ha creato la Mela reintegrat­a, dopo uno strappo o un morso e ne ha fatto un simbolo dell’accoglienz­a ha commentato: «Mi fa piacere vedere persone in cerca di una patria che trovano riparo sotto un’idea». Il suo generoso altruismo è un messaggio di pace e di civiltà. Ma questo lungo bivacco all’aperto non è civile: né per Milano, né per il Paese. Possibile che l’unica risposta sia soltanto la ricerca di un dormitorio? Non c’è un modo per impiegare queste persone sul territorio, offrendo loro un lavoro utile e un alloggio, impiegando­li magari dove la manodopera italiana non si trova? Non sarebbe piu dignitoso questo, invece di un assistenzi­alismo senza sbocchi (e senza posti letto)?

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(Fotogramma) Ieri Migranti sotto la «Mela» di Pistoletto in Stazione Centrale

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