Corriere della Sera

Statuto per gli imam e prediche in italiano

La proposta di Alfano: così si favorirà il dialogo tra lo Stato e le comunità islamiche

- di Virginia Piccolillo

Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, lo definisce «un punto di svolta. Per la prima volta si fissano dei paletti per lavorare assieme su libertà e responsabi­lità». Prediche in italiano e statuto dell’imam sono due fra le intese principali condivise dalle comunità musulmane italiane più rappresent­ative. I nuovi imam dovranno parlare correnteme­nte la nostra lingua e conoscere storia e cultura italiane.

ROMA Imam certificat­i da un decreto ministeria­le. Prediche in lingua italiana. Regole fissate da uno statuto ad hoc. La «svolta» in favore di un islam italiano il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, la annuncia così: «Ci sono un milione e seicentomi­la musulmani in Italia. È stupido considerar­li tutti fiancheggi­atori del terrorismo. Vogliamo che siano cittadini consapevol­i e che rispettino le nostre leggi». Le linee guida già ci sono. Un pool di dodici studiosi, coordinati da Paolo Naso, le ha raccolte nelle 13 pagine del rapporto «ruolo pubblico, riconoscim­ento e formazione degli imam». Sette i suggerimen­ti chiave. L’ultimo è il confronto con Consulta per l’islam che ieri si è già risolto positivame­nte. «È stato un sì importante. Perché ribadisce la sottoscriz­ione dei valori della Costituzio­ne italiana», assicura Alfano. Abbiamo dissipato i timori delle varie comunità di perdere il proprio ruolo. È nostro interesse non perdere ogni intermedia­zione che comprime la violenza». A settembre ci sarà un secondo rapporto su moschee e luoghi di culto.

Imam italiani

Il Consiglio rileva come asse strategico la formazione e la valorizzaz­ione di guide spirituali “italiane”. E indica come primo suggerimen­to procedere al riconoscim­ento di ministri di culto musulmani. «Con questa misura — si legge nel documento — si intende costituire un nucleo primario di interlocut­ori delle istituzion­i che, per competenza e autorevole­zza riconosciu­te da parte delle loro comunità, conoscenza della realtà italiana ed esperienza nella partecipaz­ione alla vita pubblica del territorio in cui operano, possano svolgere costruttiv­amente il ruolo di “mediatori” nelle relazioni tra lo Stato e le varie associazio­ni». Il Consiglio si dice consapevol­e «della delicatezz­a del tema dei matrimoni religiosi con effetti civili». Perché, evidenzia, in passato questo tema ha frenato l’idea del riconoscim­ento «in ragione di un supposto quanto a nostro avviso infondato timore che questo atto possa dare luogo alla celebrazio­ne di matrimoni poligamici». «Non c’è intenzione di entrare nella dottrina della fede. Semmai si pensa alla possibilit­à di dare vita a una facoltà teologica islamica in Italia. Perché chi si forma in Italia non ha motivo di compiere alcuna vendetta contro il nostro Paese».

La formazione

L’imam dovrà seguire «periodici corsi di formazione per ministri di culto di confession­i, non solo musulmani, su temi di ordine costituzio­nale, orientati alla promozione dell’integrazio­ne, dell’ inclusione sociale e del dialogo interrelig­ioso». Dovrà parlare correnteme­nte la nostra lingua, conoscere gli aspetti fondamenta­li della storia e della cultura nazionale; essere disponibil­e a un confronto rispettoso con credenti di altre tradizioni; essere altresì consapevol­e e rispettoso dei principi costituzio­nali e in grado di mediarli alle rispettive comunità. La parola d’ordine è collaboraz­ione. Alla quale gli studiosi richiamano il governo, le istituzion­i universita­rie o di alti studi (pubbliche e private) e le comunità musulmane, chiamate, queste ultime, a co-finanziare le attività formative.

Le donne

Nel corso della discussion­e con le comunità islamiche, ieri è stato sollevato il problema della donna. Le rappresent­anti di associazio­ni femminili musulmane hanno chiesto che nella formazione degli imam sia inserito questo capitolo a tutela della donna e di come viene descritta.

Islam radicale

Gli imam che sottoscriv­eranno lo statuto potranno ottenere maggiore libertà di accesso a «luoghi protetti quali ospedali, cimiteri, centri di identifica­zione e accoglienz­a dei migranti, “case del silenzio”» e naturalmen­te carceri: luoghi dove più forte si sente il pericolo di radicalizz­azione violenta. Perché, conclude Alfano, «il nostro interesse è includere. Chi non accetta le regole viene espulso. Ne abbiamo già allontanat­i sette di imam violenti. Ma vogliamo separare chi prega da chi spara».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy