Theresa May primo ministro: Brexit? Resterà
Chiusa la corsa Tory, Leadsom si ritira dopo la gaffe sui figli. Domani il cambio a Downing Street
La successione a David Cameron alla guida del governo britannico si risolve dopo un weekend tumultuoso con il ministro degli Interni Theresa May proiettata al numero 10 di Downing Street: farà il suo ingresso già domani, 26 anni dopo l’uscita di Margaret Thatcher che fu la prima donna ad occupare quel posto nella storia della Gran Bretagna. May, 59 anni, diventa primo ministro sulla spinta della tempesta che il 23 giugno — con la vittoria del sì all’uscita della Gran Bretagna dall’Ue — ha spazzato il campo Tory e spinto alle dimissioni Cameron. May è decisa, non si torna indietro: «Brexit è Brexit. Sarà comunque un successo».
DAL NOSTRO INVIATO
Quella che sembrava destinata a essere una lunga, faticosa campagna piena di insidie per la successione a David Cameron alla guida del governo britannico si risolve dopo un weekend tumultuoso con il ministro degli interni Theresa May proiettata al numero 10 di Downing Street, dove farà ingresso già domani a 26 anni dall’uscita di Margaret Thatcher, che fu la prima donna ad occupare quel posto nella storia della Gran Bretagna.
May, 59 anni, diventa primo ministro sulla spinta della tempesta che si è alzata il 23 giugno con la vittoria del sì all’uscita della Gran Bretagna dell’Ue e che ha spazzato sia il campo Tory, spingendo alle dimissioni un Cameron spesosi per il no, sia quello laburista, dove la leadership di Jeremy Corbyn vacilla dopo la discesa in campo di Angela Eagle, che lo accusa di scarsa fermezza nella campagna referendaria e di non riuscire a tenere unito il partito. A far precipitare gli eventi a favore della May ha giocato il passo falso di Andrea Landsom, la 53enne semisconosciuta ministra all’Energia che, in un improvvido tentativo di riguadagnare terreno sulla rivale, aveva rilasciato un’intervista al Times dicendo: «Io sento che se sei mamma hai davvero a cuore il futuro della tua nazione».
Per la May, che non ha potuto avere figli, la mancanza di prole era stato un argomento doloroso già nella campagna referendaria e quelle dichiarazioni della Leadsom a molti sono sembrate una «pugnalata alla schiena», un colpo basso che, invece, ha travolto chi l’aveva fatto, fuori e dentro il partito, dove era comunque già evidente che non godeva dello stesso supporto della May. Quando il clima volgeva al brutto, lo stesso che in meno di un mese ha fatto uscire dalla corsa a Downing street anche l’ex sindaco di Londra Boris Johnson e il ministro della Giustizia Michael Gove, e dopo i numerosi appelli a fare un passo di lato lasciando campo libero alla May, Andrea Leadsom ieri è uscita allo scoperto ritirando la propria candidatura perché, ha detto, nove settimane di campagna sarebbero troppe in momenti così critici per il Paese: «Abbiamo bisogno di un nuovo primo ministro che entri in carica al più preso». Battuta al vetriolo del Guardian: «Ora avrà più tempo da spendere con la sua famiglia».
Uno sviluppo che non rende più necessario consultare a settembre gli iscritti al partito e che, di conseguenza, permette a un David Cameron molto sollevato di fare capolino dalla sede del governo per annunciare che già oggi andrà a Buckingham Palace a presentare dopo sei anni le sue dimissioni alla regina Elisabetta II e a cedere l’incarico a Theresa May. «È forte, competente ed è più che in grado di fornire la leadership di cui il nostro Paese ha bisogno nei prossimi anni», ha detto Cameron «estremamente felice». Parlando da leader Tory (è stata proclamata ieri pomeriggio), May assicura che si impegnerà per «il miglior accordo possibile» per l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue perché è convinta che la «Brexit è la Brexit», ma che per la Gran Bretagna sarà comunque «un successo».