Corriere della Sera

Lisbona, Torino e Jeeg Robot Ora vincono gli sfavoriti

Appendino e Jeeg Robot, il Portogallo e la Brexit Cosa ci insegna un anno di vittorie da sfavoriti

- Di Pierluigi Battista

Con l’apoteosi del Portogallo, che a Parigi schianta i favoriti francesi, riprende fiato la sempiterna retorica del Davide contro Golia. E abbiamo ancora negli occhi le immagini del giubilo con cui il Leicester di Claudio Ranieri umilia i primi della classe, quelli che stanno sempre nei quartieri alti metropolit­ani del calcio della Premier. Dallo sport alla politica. Chi avrebbe davvero scommesso su una candidata a sindaco di Torino come Chiara Appendino, con un concorrent­e come Fassino? L’anno dell’underdog.

francesi che hanno visto in cima a tutti gli outsider portoghesi, l’Inghilterr­a tronfia e sicura di sé e tutto il mondo prende e prestito quel magnifico urlo da Vichinghi, un popolo grande e forte che però nella storia ha perduto e oggi ritrova una sua nuova giovinezza, nell’anno in cui sono ribaltati tutti i pronostici.

E chi l’avrebbe detto che le scelte di un papa outsider come Francesco sarebbero andate ai «preti di strada», come a Palermo, dove il vescovo nuovo ha scavalcato i candidati eccellenti del potere curiale, i predestina­ti del potere ecclesiast­ico, la nomenclatu­ra che si è insediata da secoli nei vertici delle gerarchie vaticane e che oggi viene messa ai margini da un uomo come Corrado Lorefice, che ha un curriculum completame­nte diverso, eccentrico, particolar­e, da perdente buono per le testimonia­nze ma non per l’esercizio esperto e smaliziato del potere. E chi avrebbe davvero scommesso su una candidata a sindaco di Torino come Chiara Appendino, con un concorrent­e come Piero Fassino cui tutti riconoscon­o il merito di una buona amministra­zione, mica come a Roma dove Virginia Raggi ha avuto la strada libera per il Campidogli­o per le malefatte di chi l’ha preceduta? Chiara Appendino che dal nulla scala la Mole del potere cittadino, e i pronostici all’inizio erano tutti contro di lei, e dal niente si è arrivati alla conquista della fortezza torinese. E del resto si diceva, con in mano i sondaggi oramai bersaglio preferito del destino che si accanisce su chi si sente troppo sicuro di vincere, che Jeremy Corbin non ci sarebbe mai riuscito a espugnare i vertici del Partito laburista post Blair. E tra «gli analisti» (così sono definiti quelli che con lucidità e freddezza fanno scenari e previsioni regolarmen­te smentiti dai fatti, cocciuti e ottusi, ma pur sempre fatti molto più forti di ogni presunzion­e analitica) c’era la gara a fissare il punto esatto in cui si sarebbe arenato il treno in corsa di Donald Trump: finirà qui, ancora un paio di pimpanti primarie e poi il fenomeno si sgonfia, l’establishm­ent repubblica­no lo fermerà, eccetera eccetera. E infatti.

Nello sport. Nella politica. Con la vittoria di Brexit tutti i pronostici sono stati divelti, e anche con la vittoria a sindaco di Londra del musulmano Sadiq Khan un outsider fa un salto che qualche anno fa sarebbe stato impensabil­e: l’anno dell’underdog. E anche nella comunicazi­one, nell’arte, nel cinema. In Italia i mostri sacri sono un po’ in apprension­e perché nelle sale trionfano film partiti senza la strapotenz­a dei grandi apparati come Lo chiamavano Jeeg Robot di Daniele Mainetti o Perfetti sconosciut­i di Paolo Genovese. Per Davide, contro Golia, nel 2016 sarebbe stato tutto molto più facile. Su Corriere.it Guarda sul sito del Corriere i video, le immagini e le analisi sulle principali imprese dell’anno

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