«Sulla debolezza degli istituti italiani c’è molta esagerazione sul mercato»
Rosa (Aibe): devono agire su tre fronti, sofferenze, capitale e più redditività
un’omogeneità di contabilizzazione tra i vari Paesi europei. Quello che è considerato sofferenza in Italia non lo è, ad esempio, in Francia. Detto questo, la gravità del peso è il portato dell’andamento economico generale ed è in relazione con la lunga crisi. È richiesto maggior capitale, una domanda quasi ossessiva da parte delle autorità di vigilanza, ma si rischia di dimenticare due cose: il capitale va poi remunerato e solo la redditività di un’impresa è capace di attrarre nuovo capitale».
Allora, cosa dovrebbero fare le banche italiane? costi sostenuti e reddito prodotto.
«In Italia c’è ampio spazio per ottimizzare le strutture e ridurre i costi di servizio. Agire in questo segmento significherebbe aumentare la redditività del sistema».
Le aggregazioni?
«Credo fossero l’obiettivo dell’intervento governativo del gennaio 2015. In senso positivo e costruttivo ritengo che il tema appartenga a tutte le banche italiane. Il business model sta cambiando rapidissimamente sotto una forte spinta tecnologica ed è evidente un eccesso di sportelli fisici rispetto a quanto richiesto dall’evoluzione tecnologica».
Il problema dell’eccessiva presenza territoriale è oggettivo? delle banche?
«Perché in un’ottica di migliore regolamentazione delle attività bancarie vengono imposti ai singoli istituti obblighi molto rilevanti in termini di compliance, audit, antiriciclaggio che richiedono strutture molto importanti e costose. Oggi, il 70 per cento delle riunioni dei consigli di amministrazione sono dedicate a questo. Una piccola banca ha gli stessi obblighi informativi di una grande banca. E questo non è sostenibile nel tempo, si evidenzia proprio un nodo industriale».
Un nodo reso più stretto dall’eccesso di regolamentazione.