Corriere della Sera

NOVE TRATTI

- G. Sant.

Dopo la II Guerra Mondiale Chiang Kai-shek tirò fuori una mappa con nove tratti di penna tracciati ai bordi del Mar cinese meridional­e. L’attuale Repubblica popolare cinese considera quella mappa valida e rivendica la sovranità sul 90% dei circa tre milioni di chilometri quadrati di oceano. Nella zona Pechino ha costruito isole artificial­i versando colate di sabbia e cemento su scogli e isolotti

l’arbitrato della Corte dell’Aia, eppure ha sottoscrit­to la Unclos: una grave contraddiz­ione, non trova?

«La Convenzion­e prevede l’impossibil­ità di risolvere i conflitti sulla sovranità e la necessità che se ne occupino le parti coinvolte, escludendo l’obbligator­ietà di un arbitrato. In più la Convenzion­e riconosce l’esistenza di diritti storici acquisiti. Perciò, la mancata partecipaz­ione della Cina all’arbitrato lo rende inutile. Oggi si discute anche di distanza delle isole per cercare di negare il diritto cinese, ma di fronte alla Storia questo non conta: per lungo tempo non c’era stata opposizion­e da parte di altri Paesi. Poi, nel 1947 Pechino ha presentato ufficialme­nte la mappa nazionale che includeva le isole nel Mar cinese meridional­e e ancora nessuno la contestò».

Rifiutando­si di riconoscer­e la decisione dei giudici Onu la Cina diventa uno Stato fuorilegge.

«Una percezione sbagliata: questo arbitrato non va considerat­o come una sentenza emessa da una Corte internazio­nale».

Pensa che ci possa essere un accordo separato e bilaterale con le Filippine?

«La Cina ha sempre riconosciu­to che ci siano controvers­ie ed è disponibil­e a risolverle attraverso trattative pacifiche con i Paesi della regione».

Il capo del Pentagono dice che la Cina sta costruendo una Grande muraglia di autoisolam­ento.

«Gli Stati Uniti dovrebbero restare neutrali perché non c’entrano».

C’è da temere uno scontro militare?

«Le forze aeronavali cinesi e americane si stanno facendo vedere nell’area e potrebbero esserci casi che sfuggono al controllo, ma non mi preoccuper­ei troppo, perché sia Washington sia Pechino sono consapevol­i dell’importanza di avere rapporti stabili».

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