Il killer di Fermo resta in carcere «Può aggredire altri immigrati»
Il giudice: violento e pericoloso. Lui: dono tutto ciò che ho alla moglie di Emmanuel
«Violenta, aggressiva, prevaricatrice, insofferente alla legge». Così il giudice per le indagini preliminari, Marcello Caporale, definisce la personalità di Amedeo Mancini. Un uomo «incapace di controllarsi», che deve restare in carcere perché potrebbe reiterare il reato, «molestare o aggredire altri extracomunitari».
Un ritratto che sembra quasi impossibile conciliare con le intenzioni di chi, durante l’interrogatorio di garanzia, dice di voler donare tutto ciò che possiede — un terzo di una casa colonica lasciatagli dal padre con un piccolo appezzamento di terra intorno — alla vedova di Emmanuel Chidi Nnamdi, il nigeriano di 36 anni caduto a terra e scivolato nel coma irreversibile dopo essere stato colpito da lui con un pugno. Mancini ora sente di essere «moralmente responsabile» per la tragedia e offre i suoi beni chiedendo perdono per ciò che ha fatto. Una mossa che per alcuni è solo strategia difensiva anche se l’avvocato, Francesco De Minicis, giura che il suo assistito è «sincero oltre che provato e distrutto per quello che è successo».
Il giudice, al termine dell’udienza in cui Mancini viene sottoposto a interrogatorio di garanzia, non convalida il fermo, ritenendo insussistente il pericolo di fuga, ma decide che l’ultrà 39enne deve comunque restare in cella. «È altamente probabile che per l’indagato si presenterà nuovamente l’occasione di molestare o aggredire altri soggetti extracomunitari, giacché gli stessi sono presenti in modo consistente in provincia di Fermo, in particolare presso la struttura seminario arcivescovile».
Rispetto alle premesse contenute nel provvedimento firmato dalla Procura, l’ordinanza del gip dice qualcosa di più. Tratteggia la personalità di un uomo, Mancini, fortemente instabile oltre che violento. Una circostanza che potrebbe aprire le porte alla richiesta di perizia psichiatrica da parte del suo avvocato.
La ricostruzione elaborata dai pm, tuttavia, resta sostanzialmente confermata. L’insulto a Chinyere, la reazione di Emmanuel e della compagna, la colluttazione, il pugno di Amedeo Mancini. Queste le fasi delineate dal gip, neanche lui convinto che si possa opporre la legittima difesa dato che il nigeriano è stato colpito mentre stava già andando via.
Emergono peraltro solo ora particolari che contribuiscono da una parte a rafforzare la tesi delle finalità razziste (l’aggravante che pesa come un macigno sull’ipotesi di omicidio preterintenzionale), dall’altra condiscono in maniera raccapricciante l’episodio. «L’ho pijato bene («l’ho preso bene», in dialetto marchigiano), l’ho steso per terra», avrebbe detto Mancini dopo il pugno fatale che ha fatto finire a terra Emmanuel e che, direttamente o indirettamente, gli ha procurato l’emorragia mortale. «Africans scimmia», sì, ma anche «Negri di m.», questi gli epiteti che avrebbe rivolto alla coppia di nigeriani. Secondo il racconto di una testimone, durante il litigio e persino quando era ormai a terra, Mancini avrebbe anche mimato le mosse di una scimmia «a mo’ di sberleffo» verso l’altro.
«L’ho preso bene, l’ho steso», le parole di Mancini dopo il pugno al nigeriano
Il suo avvocato ripete che è pentito e che bisogna ancora capire «quanto e se fosse consapevole del disvalore delle sue azioni». «Non possiede quasi nulla — dice De Minicis —, fatica a trovare i soldi per mangiare regolarmente, ma è pronto a spogliarsi di tutto ciò che ha per donarlo alla vedova. Sente addosso la responsabilità morale, non giuridica si badi bene, di quanto accaduto».
Oggi, intanto, a Fermo è prevista la manifestazione promossa da istituzioni e associazioni. Alle 15 il consiglio comunale aperto, alle 17 il consiglio regionale a palazzo dei Priori per discutere di integrazione. Alle 21, il concerto in piazza presentato da Claudia Koll con vari artisti. «Una festa della ripartenza», è l’auspicio del sindaco Paolo Calcinaro.
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