Ossessione Pokémon
La nuova app sul telefonino sfrutta la realtà aumentata per una maxi caccia al tesoro (anche in Italia) Successo e allarme, tra hacker e incidenti stradali
C’è già un verbo: «Pokemoning». Traducibile in «andare in giro a cercare pokémon». L’autorità dei trasporti di Washington lo ha utilizzato per sconsigliare di dedicarsi alla (nuova) attività mentre si sta guidando. Perché la follia collettiva è tale da far temere incidenti. Non virtuali, ma reali: l’applicazione Pokémon Go coniuga le gestualità tipiche dei videogiochi con il mondo circostante. Grazie al Gps e alla realtà aumentata, è sufficiente puntare l’obiettivo dello smartphone in varie direzioni per (provare) a individuare su una mappa i mostriciattoli creati nel lontano 1996 da Satoshi Tajiri per Nintendo, vederli comparire sullo schermo e catturarli. L’intreccio con la realtà si vede nei dettagli: impossibile trovare pokémon notturni di giorno, e per scovarne di acquatici bisogna dirigersi vero un corso d’acqua. Lo scopo è accumularne un numero maggiore possibile e sfidare gli altri.
Con Pokémon Go la casa giapponese sembra aver centrato il duplice obiettivo di conquistare i dispositivi mobili e monetizzare la popolarità di alcuni dei suoi più noti e iconici personaggi. A pochi giorni dal debutto, negli Stati Uniti l’app ha già superato Tinder, conquistando il 5% dei telefonini Android mentre quella di dating è ferma al 2%. «Se fosse esistita quando ero un ragazzino non avrei mai fatto sesso», ci conferma un 26enne. Sembra imminente il sorpasso di Twitter, mentre le azioni di Nintendo — che guadagna circa il 30% delle entrate generate da Pokémon Go in virtù della partecipazione nella società di sviluppo Niantic (ex Google) e in The Pokémon Company — si sono impennate di più del 25%. E ancora, la cronaca di mezzo mondo è infarcita di episodi assurdi: giocatori imbattutisi in cadaveri o rapinatori che approfittano dei punti di ritrovo (le Palestre o i Poké stop per fare rifornimento di oggetti, che si possono anche comprare) per derubare ragazzini.
Sbarcato in Giappone e Australia, in Italia il gioco non è ancora disponibile. Server — sovraccarichi — permettendo, dovrebbe debuttare globalmente il 15 luglio. Basta però recarsi in un parco, in prossimità di una spiaggia o in una biblioteca per rendersi conto che la caccia è già iniziata anche in Italia con vari escamotage per scaricare l’app.
Il perché è presto detto: negli anni ‘90, complici i cartoni animati trasmessi da Mediaset, si gridò alla «pokémania». I personaggi, tornati ora di moda, erano diventati famosi in tv nel 1996
Pikachu e compagni intercettarono tre manie infantili: la competizione, il collezionismo e i videogame. Gli adulti, di oggi, continuano a subire il fascino. Il miracolo lo ha fatto la nostalgia: con i pokémon davanti agli occhi i 30enni si sentono di nuovo bambini. E non c’è vittoria più gradita.
@martinapennisi @chsever