Milano-Torino, battaglia sul Salone Oggi il vertice degli editori
Difficilmente uscirà qualcosa di definitivo dalla riunione degli organi direttivi dell’Aie in programma oggi a Milano, ma sicuramente il tema Salone sarà ampiamente dibattuto. Per ora, però, è tutto un rimpallo. Gli editori si dichiarano pronti a valutare qualunque progetto. Lo stesso fa Fiera Milano, secondo le indiscrezioni probabile partner dell’iniziativa, che, tuttavia, dice di non aver ricevuto alcun
concept. Certo, per la Fiera sarebbe un trofeo prestigioso da esibire accanto al Miart, la fiera di arte contemporanea, e al Salone del Mobile. Un Salone del libro è il fiore mancante nel bouquet culturale, un evento che nella città dell’editoria farebbe piacere a molti, come dimostra il grande successo di BookCity.
Quello che è certo è che Torino fa quadrato in difesa della sua rassegna, soprattutto con i soci della Fondazione per il Libro, la musica, la cultura (Comune, Regione a cui si sono aggiunti quest’anno Mibact, Miur e Intesa Sanpaolo). Dopo il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, dopo il nuovo sindaco M5S Chiara Appendino e il presidente della Regione Sergio Chiamparino, ieri è toccato alla ministra dell’Istruzione Stefania Giannini ribadire che Torino è la città del Salone e che «duplicare e frammentare non è mai una politica di rafforzamento». Posizione condivisa anche da Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, che ha ricordato che «nonostante le recenti problematiche finanziarie il Salone non ha mai registrato difficoltà nel numero dei visitatori e nella soddisfazione della grande
maggioranza degli editori presenti». No a un nuovo Salone a Milano, dunque, ma sì «a ogni suggerimento che abbia il fine di rendere ancora più forte, conosciuto e internazionale» quello esistente.
Per quanto riguarda gli editori si delineano vari fronti: da una parte grandi contro piccoli, dall’altra milanesi contro romani. Ieri Enrico Selva Coddè, amministratore delegato di Mondadori Libri, ha rilasciato una dichiarazione diplomatica in cui sostiene che «non c’è preclusione per alcuna città in particolare» e che «il criterio di individuazione della soluzione migliore sarà esclusivamente legato alla qualità e alla portata del progetto che meglio prospetti uno sviluppo ulteriore dell’evento». Secondo Massimo Turchetta, direttore Rizzoli libri Trade, «due saloni del libro sono meglio di uno, l’importante è che non se ne ammazzi uno per dar vita all’altro», anche perché «sarebbe bello che la stagione degli eventi letterari durasse tutto l’anno».
Secondo Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale di La nave di Teseo, «il Salone del Libro che tutti abbiamo in mente è quello di Torino. Farlo a Mila-
no vuol dire fare un’altra cosa. Non sono contraria, ma sono per sommare le iniziative e razionalmente distribuirle durante l’anno. Se Milano vuole un suo spazio, che sia non oltre il mese di febbraio».
Più polemico Elido Fazi, che dell’Aie non fa più parte e che addirittura invita gli editori a
boicottare l’associazione («andrebbe ripensata se no è un giochino nelle mani degli oligopoli editoriali») e propone, se proprio si deve cambiare sede, di portarla a Roma. Polemico con l’Aie anche Sandro Ferri di e/o, contrario allo spostamento: «Se l’Aie ha spinto per farlo a Milano protesterò perché nessuno di noi è stato interpellato».
Carlo Gallucci, consigliere Aie e delegato per gli editori del Lazio, parla del timore diffuso che «Milano possa rappresentare l’editoria più commerciale. Che certo è importante, ma Torino era un buon equilibrio fra eventi con le star e gli scrittori più di nicchia. Quando avremo un progetto valuteremo la convenienza e il merito, ma per ora mi sembra imprudente buttare Torino insieme con l’acqua sporca».
Anche Andrea Gessner, editore di Nottetempo, è per rimanere a Torino, «una città che agli editori ha dato tanto. Non siamo irriconoscenti. Che ci debba essere più dialogo tra l’Aie e la Fondazione è fuor di dubbio, ma questo non vuol dire mollare il Salone di Torino che è sempre stato molto attento anche a noi piccoli».
Giovanni Bazoli «Non ha senso una nuova fiera, rendiamo più forte e conosciuta quella esistente»