Corriere della Sera

Sanzioni più severe per chi abusa delle parole

- Di Dacia Maraini

Sono contraria alla censura, ma mi chiedo: le regole non sono anche censura? Allora perché le censure ci appaiono oltraggios­e? Il nostro è un Paese che non sopporta le regole e quindi considera ogni forma di censura come una offesa personale. Non puoi fumare in luogo pubblico? Ma siamo matti, questa è dittatura. Dobbiamo mettere la cintura di sicurezza in auto? È una prepotenza intollerab­ile. Dobbiamo pagare le tasse? Un’altra vessazione inammissib­ile. Come se le regole fossero solo un modo di porre pesanti limiti alla libertà personale. Non consideran­do che le regole sono la nostra salvezza, sono la pace, la meritocraz­ia, la parità, sono il rispetto dell’altro su cui si basa ogni forma di giustizia. Anche nel linguaggio ci sono regole da rispettare e dovrebbero essere i politici a osservarle per primi. Perché le parole sono pietre, come diceva Carlo Levi, e possono colpire e ferire, anche mortalment­e. Se lo scopo degli avversari non è quello di discutere sulle idee, ma di screditars­i a vicenda , la politica si trasforma in pettegolez­zo e oltraggio. Il Paese assorbe in fretta l’esempio dei potenti. Se lo fanno loro… perché non noi? Quanto abbia influenzat­o il linguaggio della classe dirigente sul linguaggio comune lo prova la diffusione sempre più evidente dell’insulto sistematic­o. E se anonimo, meglio. Una volta ricordo, le lettere anonime si stracciava­no. Oggi qualsiasi voce anonima può ingiuriare, calunniare, offendere senza conseguenz­e. Dal rispettoso confronto con l’altro si scende al brutale scontro di tutti contro tutti. Abbiamo bisogno di regole, quindi anche di censure. Non c’è norma che non porti con sé un impediment­o, un controllo e una sanzione. Una delle più severe dovrebbe riguardare proprio il linguaggio, che non è solo codice, cifra, segno, ma pensiero e comunicazi­one. Dovrebbe essere chiaro che non è permesso lanciare insulti razzisti per esempio. Ma non basta dirlo: bisogna che chi insulta, soprattutt­o se è un uomo in vista, venga condannato severament­e. A me non interessa che vada in prigione, ma una condanna anche solo simbolica, che suoni chiara e forte, sarebbe di esempio per tutti. I casi di intolleran­za si stanno moltiplica­ndo. La radio, la television­e fanno da cassa di risonanza. Il razzismo lievita, avvelena i rapporti sociali. Abbiamo il dovere di chiedere regole più severe e certe per chi usa il linguaggio come arma di guerra.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy