Corriere della Sera

Leader sensibile La nuova dimensione di Cristiano

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Paolo Tomaselli

Coach Ronaldo si presenta al mondo quando la notte è ancora giovane. Dopo l’uscita in barella, le lacrime e gli antidolori­fici, aveva già esercitato i suoi nuovi poteri nell’intervallo della finale contro la Francia, quando il Portogallo era rientrato stordito come lui nello spogliatoi­o: «Questa è la nostra serata, me lo sento. Crediamoci e la Coppa sarà nostra». Cristiano urla, ha gli occhi ancora rossi. Fernando Santos annuisce e alle parole aggiunge i fatti, dando equilibrio ma anche coraggio alla sua squadra. Nei tempi supplement­ari il nuovo Ronaldo esce dal tunnel, con il ginocchio sinistro fasciato, zoppica per la distorsion­e, ma cerca i compagni davanti alla panchina e li incita uno per uno. Poi si mette a fianco di Santos nell’area

tecnica davanti alla panchina. Una scena insolita per qualsiasi giocatore, figurarsi per CR7, che è sempre al di là di quella linea bianca. È l’immagine di una stella che ha vinto tutto e da domenica è anche campione d’Europa col suo Portogallo: una guida attenta (come dimostra anche l’invito per la finale alla vedova di Stefano Borgonovo), un capitano, un leader vero. Quasi un capopopolo, come dimostra nel bagno di folla per le strade impazzite di Lisbona: «Siamo nella storia. Ma sono emozionato, non mi aspettavo un’accoglienz­a del genere» dice Ronaldo dopo l’incontro col presidente Rebelo de Sousa.

Un’immagine opposta a quella di Leo Messi sprofondat­o in panchina dopo il rigore sbagliato nella finale di Copa America. Ma adesso Ronaldo ha altro a cui pensare: «Ho sempre chiesto a Dio di vincere anche col Portogallo e ci sono riuscito. È una gioia incredibil­e. Nessuno credeva in noi. Il Portogallo ha meritato di vincere dopo tanti anni di sacrifici e sfortuna. Non è stata la finale che volevo, ma sono molto felice. Questo è un trofeo per tutti i portoghesi, per tutti i nostri emigranti, per tutti quelli che hanno creduto in noi. Sono felice e orgoglioso».

Coach Cristiano non è sempre stato un emigrante di lusso: all’inizio ha sofferto molto il passaggio da Madeira a Lisbona e da sempre ha un rapporto molto intenso coi compagni. Basato sul carisma e sulla personalit­à: la sua. Quando il Real ha perso la Liga Ronaldo tuonò: «Ci vorrebbero 11 come me». Ovvero gente che dà sempre il massimo e anche di più. Soprattutt­o dopo che Ronaldo ha chiesto e ottenuto l’arrivo di Zidane al posto di Benitez.

Il suo esempio Cristiano lo ha portato anche in Nazionale. Dove pure ha il suo fisioterap­ista personale e dove l’uomo della Nike-Portogallo di fatto è il suo factotum all’interno della Federazion­e. La primadonna Ronaldo con la Seleçao è soprattutt­o il vecchio amico di Quaresma, Nani, Pepe o Fonte. E prima dei rigori contro la Polonia, è andato a prendere per l’orecchio Moutinho: «Vai a tirare anche tu, coraggio. Dobbiamo vincere!».

Nella notte da incubo e poi da sogno di Saint Denis, Cristiano stavolta ha preso da parte Eder e lo ha battezzato: «Segni tu il gol decisivo, me lo sento. Credici» come ha raccontato l’uomo del match. «Sono nel calcio da tanti anni — spiega Ronaldo — e me lo sentivo che sarebbe stato lui a segnare». Come debutto in panchina non c’è male: se il presente è d’oro, come il Pallone che CR7 alzerà per la quarta volta il 9 gennaio a Zurigo, anche il futuro promette di essere brillante.

La guida Incita i compagni, dice a Eder che segnerà, ricorda gli emigranti: storia di una guida (molto diversa da Messi)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy