Corriere della Sera

La tv impari dagli Europei di calcio: vince chi sa fare squadra

- Di Aldo Grasso

Gli Europei di Francia ci hanno regalato una piccola lezione: vince chi sa fare squadra. Una lezione che la tv italiana, nel suo insieme, dovrebbe tenere bene a mente. «Il grande Match» è stato una grande delusione, un programma né carne né pesce. Fosse stato partorito, tanto per dire, da Marco Mazzocchi niente da eccepire, si conosce l’ambiente. Ma stavolta Rai Sport era partita con altre ambizioni ed è riuscita ad allestire un raduno di vecchie glorie guidate da un animatore esagitato. Approfondi­menti ridicoli, intratteni­mento al minimo sindacale, nessuna idea di fondo.

È sufficient­e ricordare la scena del ringraziam­ento finale a Insinna (domenica sera, dopo Portogallo-Francia) per marchiare di provincial­ismo il ricordo di questa non felice esperienza.

Le telecronac­he di Fabio Caressa e Beppe Bergomi sono giunte al capolinea. Il pericolo che avevamo individuat­o anni fa si è rivelato in tutta la sua esplosivit­à: la loro non è più una telecronac­a ma una sitcom, «Fabio & Beppe». Qual era il pericolo, di cui molti ora si sono accorti? Quello di voler essere protagonis­ti a tutti i costi: la partita diventa un puro pretesto per esibizioni personali. Così Caressa si fa vincere da una retorica da quattro soldi («la Marsiglies­e per un popolo che vuole reagire»), dall’enfasi dei messaggi positivi, dai suoi tic verbali: «Questo è sport. Superspot». Il buon Bergomi è diventato incontenib­ile, parla sempre e non sempre a proposito.

Ormai a Sky Sport ci sono altri telecronis­ti e commentato­ri molto più bravi di «Fabio & Beppe». Speriamo se ne accorgano presto. Così come dovrebbero accorgersi che mentre i servizi da Parigi, specie dal barcone ancorato sulla Senna, sono stati ottimi, ormai i commenti orchestrat­i da Ilaria D’Amico con la presenza in studio di Gianluca Vialli (sempre più vestito da damerino) e di Massimo Mauro sono di rara inconsiste­nza. Vince chi fa squadra. Avercela, però, una squadra.

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