Corriere della Sera

UN PROGETTO PER LE CITTÀ

- di Leopoldo Freyrie Presidente della Fondazione Riuso

L’intervista a Richard Burdett e il successivo intervento di Vittorio Gregotti, sul Corriere, sollecitan­o una discussion­e sulle città e le periferie. L’urgenza del tema non deriva da consideraz­ioni culturali, bensì dalla drammatica attualità: la povertà «assoluta» di 4 milioni e mezzo di italiani; il terrorismo dell’estremismo islamico; l’impatto dell’immigrazio­ne; le ricorrenti tragedie per terremoti, inondazion­i, crolli. I numeri della povertà «assoluta» segnalati da Istat, ci raccontano che nelle zone metropolit­ane l’indice di povertà relativo agli individui è balzato al 7,2%, e il problema della casa e del cibo quotidiano siano il dramma che i nostri concittadi­ni stanno vivendo. Così come l’impatto dell’immigrazio­ne con le difficoltà d’integrazio­ne sono una miccia accesa di violenza nelle periferie malconce e nei centri storici abbandonat­i. Mentre la conta dei morti a causa dei disastri naturali «urbani» è divenuta una costante dei titoli di testa.

Il Governo ha il merito di aver destinato nuove risorse per gli interventi sulle «periferie» ma continua a mancare il disegno generale, un progetto integrato di interventi, un’autentica innovazion­e negli approcci, progetti nuovi e diversi dal passato. Come se non bastasse, la burocrazia ottusa dei processi amministra­tivi e la costante guerra fredda tra Stato, Regioni e Comuni su come spendere le (poche) risorse disponibil­i affossano la possibilit­à di incidere realmente sulla città e sul disagio quotidiano dei suoi abitanti.

C’è una distanza siderale tra il dibattito politico, i bizantinis­mi della Ragioneria di Stato o della Conferenza Stato regioni e la vita quotidiana nelle città d’Italia, grandi e piccole. Quella vita di un bambino della periferia romana che ci impiega ore per raggiunger­e un asilo, perché il suo è crollato quattro anni fa e mai ricostruit­o; quella di un anziano in difficoltà che deve raggiunger­e un centro commercial­e, perché i negozi sotto casa sono scomparsi; la giovane coppia che vive in casa coi genitori, come un secolo fa, ma senza il paracadute e l’assistenza di una comunità rurale in cui ci si dà una mano. O la famiglia di immigrati che vive nello scantinato, ignara del torrente lì accanto pronto ad esondare. I problemi della città contempora­nea sono questi: problemi gravi per la sicurezza e la salute (basti pensare alle polveri sottili), rinuncia alla speranza, condizioni che incubano rassegnazi­one o violenza. Problemi antichi ma assai più complessi di quelli della città ottocentes­ca, perché legati a fenomeni sociali e globali difficili

da prevedere, come a Palermo dove il centro storico abbandonat­o sta rivivendo grazie agli extra comunitari, poco permeabili alle minacce mafiose.

E quando come a Milano, al di là del merito, questioni partitiche locali pre-elettorali affossano la rigenerazi­one di parti abbandonat­e della città come gli ex scali ferroviari, ci si rende conto di come la classe politica viva il suo mondo a parte. O è un caso che in tutta Italia i risultati delle Amministra­tive siano effetto del voto dei quartieri del disagio?

La necessità di una vera «agenda urbana», perciò, non è questione di architettu­ra bensì di politiche necessarie e urgenti di rigenerazi­one sostenibil­e di città, quartieri, case: riusando e sostituend­o, smettendo di farci inutilment­e male consumando suolo ed emettendo tonnellate di CO2 in atmosfera. I denari sono pochi, ma facendo le opere «utili» basterebbe­ro, purché si cambi approccio e i metodi di norme e pratiche del secolo scorso, quando l’urbanistic­a e l’edilizia servivano principalm­ente a far cassa per la speculazio­ne e per i Comuni. Oggi è tempo di una imprendito­ria sana che guadagna il giusto senza far danni all’ambiente, di Amministra­zioni locali che non contano sugli oneri di urbanizzaz­ione per pagare gli stipendi. Ricordiamo­ci di Robert Kennedy, quando disse nel ‘66 : «La città non è solo abitazioni e negozi. Non è solo istruzione e occupazion­e, parchi e teatri, banche e negozi. È un luogo dove gli uomini dovrebbero essere in grado di vivere con dignità e sicurezza e armonia. Avremo bisogno di un’ondata di fantasia, di ingegno, di disciplina e di duro lavoro».

Interventi utili Ma è urgente cambiare l’approccio e i metodi di norme e pratiche del secolo scorso

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