Un tesoro genetico che non chiede fondi ma più considerazione
Iritratti negativi dell’attuale panorama italiano amano spesso confrontarsi con il glorioso passato in cui Firenze, Roma o Napoli erano mete obbligate per musicisti e artisti di tutta Europa. Eppure ciò che accomuna i nostri poli di eccellenza musicale è la provenienza degli iscritti: giungono da tutto il mondo per assorbire quella tradizione, quella familiarità culturale e quell’innato senso della musica che è patrimonio genetico e storico dell’Italia. È impressionante scorrere il novero di pianisti, virtuosi dell’archetto, cantanti, ballerini e direttori perfezionatisi a Imola piuttosto che a Milano, Cremona o Siena. Difficile pensare a nostre università che abbiano lo stesso potere di attrazione sugli studenti stranieri; non è un caso che il brand italiano più noto al mondo oltre alla Ferrari sia la Scala. Un’eccellenza che si conferma soprattutto grazie all’iniziativa dei privati: i budget dell’Accademia Pianistica di Imola e della Chigiana di Siena sono coperti solo per il 20% da istituzioni pubbliche, l’Accademia Stauffer non riceve nulla e può addirittura permettersi di erogare ogni anno 1.200.000 euro tra borse di studio per i 110 allievi e sostegni al Festival Monteverdi, al Museo del Violino, alle scuole di liuteria e musicologia. Situazione privilegiata grazie all’eredità lasciata nel 1974 da Walter Stauffer, imprenditore svizzero di natali cremonesi che fece fortuna nel settore caseario: un patrimonio economico e immobiliare che, gestito con oculatezza, ha permesso di acquistare recentemente un palazzo settecentesco in centro a Cremona che ospiterà aule e foresteria. Queste realtà allo Stato non chiedono ulteriori fondi, ma la possibilità di lavorare al meglio: se scuole come Imola lamentano la mancata parificazione ai titoli accademici dei loro corsi di perfezionamento (ottimi viatici alla carriera concertistica ma inutili per le graduatorie di insegnamento), il direttore del Conservatorio di Milano Alessandro Melchiorre sottolinea una situazione paradossale: i grandi concertisti non hanno punteggio per le graduatorie e così non possono tenere corsi, al massimo seguire progetti particolari; l’obiettivo è di poterli coinvolgere nei corsi dell’ultimo biennio, così da rendere anche i Conservatori centri d’eccellenza. L’Italia, in musica, ha tanto da insegnare.