Corriere della Sera

Le loro emozioni

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enso di essere nata amando gli animali. Mia mamma mi ripeteva che prima ancora di imparare a camminare mi perdevo a osservarli». Quello sguardo non ha mai abbandonat­o Jane Goodall, l’etologa probabilme­nte più famosa al mondo, che ha dedicato i suoi 82 anni, splendidam­ente portati, allo studio degli animali e degli scimpanzè in particolar­e.

Il video del suo abbraccio con uno di loro, Wounda, è diventato virale. Dopo essere stato trovato in fin di vita e curato nell’istituto della studiosa è stato liberato nella foresta. Ma quando la gabbia si è aperta, Wounda anziché correre via ci è salito sopra, si è voltato verso di lei e l’ha abbracciat­a. «Non è straordina­rio?», commenta lei come se quel gesto fosse appena successo. «Ogni volta che rivedo il video trovo quell’abbraccio eccezional­e. Abbiamo condiviso solo il viaggio in barca, ma deve aver capito il mio sentimento. C’è stata una sorta di telepatia tra di noi».

Quella lingua inspiegabi­le lei la parla da sempre. «All’inizio della mia ricerca ho conosciuto David Greybeard (il primo scimpanzé che ha visto usare utensili, ndr.). Lui si è accorto presto che lo stavo seguendo. Dopo un po’ si è fermato in uno spiazzo nella foresta e si è seduto. Piano, mi sono seduta vicino a lui. Mi ha guardata dritto negli occhi per qualche istante, poi mi ha preso la mano e ha iniziato a stringere delicatame­nte ogni dito: aveva capito che le mie intenzioni erano buone». Agli scimpanzé ha dedicato i suoi studi, ma «il mio primo insegnante è stato un cane - racconta -. E’ arrivato nella mia vita quando avevo 10, 11 anni. Resty non era nemmeno il nostro cane in realtà: viveva in un hotel dietro l’angolo ma veniva da noi ogni mattina alle 6, poi andava a casa sua per pranzo e quindi tornava da noi fino alle 10».

Un’amicizia che, qualche anno« dopo, l’ha aiutata parecchio: «Quando sono andata all’università di Cambridge mi è stato detto che non avrei dovuto chiamare gli scimpanzé con dei nomi ma con dei numeri e che non dovevo parlare di loro come se avessero emozioni o sentimenti. Ero da sempre piuttosto in ansia quando avevo a che fare con dei professori, ma Resty mi aveva insegnato con troppa chiarezza che gli animali avevano senza dubbio personalit­à, sentimenti, emozioni, una mente. E così, quella volta non mi sono bloccata ma ho portato avanti le mie tesi: sapevo che quello che avevo imparato era vero».

Oggi in molti la pensano così: «Alla fine anche la scienza ha dovuto convenire. In molti oggi studiano le emozioni e l’intelligen­za degli animali che è molto più di quanto si credesse».Jane Godall se ne è accorta da bambina. Lei che dice di sentirsi felice quando è sola nella natura. «Ho milioni di ricordi. Quando sono sola, in particolar­e nella foresta, ho come la sensazione di essere a contatto con un grande potere spirituale. Ritrovo il miracolo della vita in ciascuna di quelle piante straordina­rie, negli insetti, negli animali. Tutto è interdipen­dente, ogni cosa è in relazione con le altre, in un complesso disegno della vita. In quei luoghi mi sento a casa». La sua vita sembra essere stata un’avventura... «Ed è così. In qualche modo lo è ancora, ogni volta che visito nuovi Paesi, incontro persone che vogliono ascoltarmi. Il mio lavoro è dare speranza».La stessa che ha cercato di trasmetter­e nello scritto inviato al Festival delle lettere di quest’anno. «Se non si ha speranza nel futuro allora non ha senso nulla. Perché spendersi in battaglie ecologiche? Perché proteggere le foreste? Perché lottare contro l’industrial­izzazione selvaggia? La speranza

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