Corriere della Sera

«Contratti pubblici Non mi accontento solo di un caffè»

«Un lavoratore a fine carriera non è interessat­o a un debito che dura per vent’anni»

- Di Enrico Marro

Dopo l’incontro del luglio governo e sindacati sembravano ottimisti su un accordo su pensioni e mercato del lavoro. Ora ottimista è solo il governo mentre lei ha detto che «la vertenza continua». Che è successo?

«È successo — risponde Susanna Camusso, segretario generale della Cgil — che il governo ci ha detto che con la legge di Bilancio avrebbe messo a disposizio­ne risorse “rilevanti”, ma le anticipazi­oni parlano di appena 1,5 miliardi di euro, una cifra chiarament­e insufficie­nte. Inoltre, non va avanti l’ottava salvaguard­ia per gli esodati, non ci sono soluzioni per i lavori usuranti e per i precoci mentre l’unica cosa che sembra interessar­e al governo è l’Ape, questa specie di mutuo pensionist­ico sul quale abbiamo molte obiezioni». Per la Cgil servono almeno 2,5 miliardi di euro, giusto?

«Su questa cifra si potrebbe cominciare a ragionare»

Ma col governo non si sta discutendo solo di Ape, ma anche di ricongiunz­ioni, usuranti, precoci, quattordic­esima, no tax area. Certo, non si potrà fare tutto. Quali le priorità per la Cgil?

«È urgente aumentare la no tax area e allargare la platea dei beneficiar­i della quattordic­esima. Bisogna inoltre intervenir­e a sostegno di coloro che svolgono lavori usuranti o hanno cominciato da ragazzi. Infine, vanno corrette le leggi sbagliate che impediscon­o le ricongiunz­ioni gratuite». Non ha citato l’Ape.

«L’Ape è nei fatti un prestito, un marchingeg­no che non può funzionare come soluzione generale al tema della flessibili­tà in uscita».

Continua a pensare che l’Ape sia “un regalo a banche e assicurazi­oni”?

«Rischia di esserlo. E di alimentare grandi aspettativ­e in queste istituzion­i ma non nei lavoratori che vedono questa come una cosa profondame­nte ingiusta. Del resto è facile capire che l’idea che ci si debba indebitare alla fine dell’età lavorativa, con un prestito da restituire in 20 anni sulla stessa pensione, è un’idea contraria alla naturale propension­e delle persone». Pensa che sarà un flop, come il Tfr in busta paga?

«Con queste caratteris­tiche non c’è dubbio. Non solo. C’è anche il rischio di dare alle aziende uno strumento che può rivelarsi un capestro per i lavoratori nei processi di ristruttur­azione. Lavoratori ai quali verrebbe imposta l’Ape».

C’è nel governo l’idea di coinvolger­e Confindust­ria: visto che dal 2017 le aziende non verseranno più lo 0,3% per l’indennità di mobilità, potrebbero dirottare 600 milioni a sostegno dell’Ape. «Un’idea due volte sbagliata. Primo, è sbagliato che non ci sia più la mobilità mentre siamo ancora in crisi. Secondo, consideran­do anche le indennità di mobilità corrispost­e ai lavoratori, parliamo di 3-4 miliardi di euro l’anno. In mancanza, come governerem­o le ristruttur­azioni?». L’Ape non può servire?

«No, perché non tutti i lavoratori coinvolti nelle ristruttur­azione sono a ridosso della pensione. E poi, si pensa di rilanciare la crescita obbligando un po’ di gente ad andare in pensione indebitand­osi?» Qual è la flessibili­tà che proponete voi?

«Partiamo dal fatto che non tutti i lavori sono uguali. Bisogna ragionare sulle diseguagli­anze nelle aspettativ­e di vita e arrivare a età di pensioname­nto differenzi­ate in base al lavoro svolto. Questo nella fase di transizion­e. Per i giovani che hanno il contributi­vo puro, invece, ci deve essere libertà di scelta su quando andare in pensione senza gli aumenti dell’aspettativ­a di vita. Per i precoci devono bastare 41 anni di contributi e va costruita una solidariet­à interna al sistema per i lavoratori discontinu­i».

Proposte con costi sproposita­ti, secondo il governo. Come le finanziere­ste?

«Contestiam­o il modo in cui il governo calcolano i costi, perché considera che una misura venga utilizzata da tutti i potenziali aventi diritto, mentre non è così. Trovare i finanziame­nti è un problema di scelte politiche. Mi limito a suggerire una progressiv­ità fiscale migliore e la patrimonia­le sulle grandi ricchezze».

Il premier Matteo Renzi dice che bisogna trovare i soldi per aumentare le pensioni minime.

«Mi pare un segnale positivo, ma ci sono delle cose che non tornano. Non torna questo stop and go sulle risorse. E non torna che ad ora, nonostante numerosi incontri col governo, non ci sia nulla di scritto. Vorremmo meno annunci e più concretezz­a».

Sempre Renzi dice che se vince il referendum costituzio­nale destinerà i 500 milioni di risparmi sui costi della politica ai poveri. Che dice?

«Sembra un modo per condiziona­re il voto. Se vuole tagliare i costi della politica può farlo senza far dipendere la lotta alla povertà dal referendum». Con la legge di Bilancio bisognerà finanziare anche il rinnovo dei contratti pubblici. Quanto serve?

«Con i 300 milioni stanziati non si comincia neanche. Ci vorranno alcuni miliardi, che non graveranno tutti sul primo anno. Noi puntiamo a un rinnovo dei contratti che assicuri risorse al livello nazionale e a quello decentrato ma anche a un modello innovativo e premiale. Non ci accontente­remo però di un caffè».

Se si arriverà a un accordo sulle pensioni e sui contratti pubblici, la Cgil ammorbidir­à la sua posizione sul referendum costituzio­nale che oggi vi vede orientati sul no?

«Non c’è alcuno scambio. Sul referendum le valutazion­i riguardano solo la riforma costituzio­nale. Il direttivo Cgil ha approvato un documento molto critico nel merito ma, anche se molti di noi voteranno no, ha deciso di non impegnare l’organizzaz­ione nei comitati perché pensiamo che su un questo tema è bene che ogni iscritto decida in libertà dopo essersi informato».

Per questo non avete aiutato i comitati per il no a raccoglier­e le firme?

«La Cgil non era impegnata come organizzaz­ione. Quando lo facciamo, lo facciamo su temi sindacali, come sul Jobs act, e non abbiamo avuto difficoltà a raccoglier­e le firme».

Nessuno scambio tra previdenza e referendum sulla Costituzio­ne. L’Ape sarà un flop, chi sta per andar via respinge l’idea di un mutuo

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 ??  ?? Susanna Camusso, è segretario generale della CGIL dal 2010. È la prima donna a ricoprire questa carica
Susanna Camusso, è segretario generale della CGIL dal 2010. È la prima donna a ricoprire questa carica

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