Corriere della Sera

La sindaca torna avvocata Duella con la dem Di Biase e spiega la teoria delle 4 mele

La pd: ha modi da maestrina. La replica: sto imparando il mestiere

- di Monica Guerzoni

Chi pregustava le scintille e le crisi di nervi di un processo a Paola Muraro, non aveva fatto i conti con la giovane signora assisa sullo scranno più alto dell’aula di Giulio Cesare. Per otto ore, davanti a un plotone di 25 telecamere, l’avvocata civilista Virginia Raggi difende l’assessora all’Ambiente come farebbe un legale in tribunale. Fa a pezzi Ama e il Pd perché «dormivano», mette sul banco degli imputati tutte le giunte del centrosini­stra «dal ’64 a oggi», stigmatizz­a chi ha affibbiato alla Muraro «nomignoli come Miss Milioncino» e, senza schivare le domande delle opposizion­i, prova puntiglios­amente a smontare il castello di accuse che rischiava di sommergere la manager.

E quando la dem Michela Di Biase prende la parola per sfidarla, la sindaca reagisce con una aggressivi­tà che sorprende anche i suoi, galvanizza­ndo l’agguerrita claque del M5S. Pantalone bianco e maglia che evoca i pepli delle antiche romane, la Raggi entra sostenuta dall’ovazione dei 29 consiglier­i grillini, che scattano in piedi prima dell’inno di Mameli. La Muraro bisbiglia «L’Italia s’è desta», il presidente De Vito posa la mano sul cuore, il banco di Marchini è vuoto e dal fondo qualcuno si interroga: «Starà facendo sci d’acqua?».

Tocca alla Raggi, e la sindaca, «ben contenta che si accendano i riflettori» sul caso spazzatura, parte all’attacco del Pd: «Siamo ancora in attesa del consiglio straordina­rio su Mafia Capitale». È la prima di una lunga serie di stoccatine e rimproveri, studiati per addossare al partito di Renzi il peso maleodoran­te della «monnezza» romana. Venti pagine punteggiat­e di «mah!» e di «bah!», scanditi ad arte per rimarcare le colpe del Pd. «In tutto 42 minuti su 45 rivolti al passato» dirà Stefano Fassina.

La Raggi sceglie di non procedere a braccio e Michela Di Biase, moglie del ministro della Cultura Dario Franceschi­ni, la bacchetta: «Sindaco, ho sentito che la sua lettura è molto migliorata, è diventata più fluida...». E lei: «Non avendo la memoria così brillante mi aiuto con gli appunti. Sto imparando a fare la sindaca, non si preoccupi». Schermagli­e, perché la battaglia è nel merito. La Di Biase illustra la sua interrogaz­ione, accusa la Muraro di «millantare un fantomatic­o dossier» e rintuzza i modi «da maestrina» della Raggi: «Cosa ci fate con l’indifferen­ziato? Lo mangiate?». Quindi chiama in causa un beniamino del Movimento 5 Stelle: «Dov’è Di Battista? Perché non è in Aula a gridare “onestà, onestà?”». È baruffa. C’è chi grida, chi ride e chi mima un centauro, per dire che «Dibba» sta girando l’Italia in scooter per promuovere il No al referendum.

La Di Biase intanto incappa in due congiuntiv­i sbagliati che scatenano i fan dei cinquestel­le, gonfi di risentimen­to sociale e in maggioranz­a schiaccian­te: «Ahò! Se dice avessero, non avrebbero... Stùdiate li verbi». Ma ecco che i Fratelli d’Italia alzano cartelli con la foto della Muraro «Medaglia d’oro per le consulenze», il presidente li richiama e la corrida riparte. Il grillino Terranova cita Hitchcock e La finestra sul cortile per blindare, anche lui, l’assessora all’Ambiente. La Raggi scende dallo scranno per sedersi accanto alla Muraro. E mentre lei si affida a Virginia e tace, l’inquilina del Campidogli­o disegna i confini della «Ragginomic­s» con cui medita di rivoluzion­are la vita dei romani grazie alla formula matematica «rifiuti zero». Raccolta porta a porta, cassonetti con il chip, abbattimen­to degli imballaggi, centri di riuso dei materiali di scarto. Insomma, l’«economia circolare» spiegata con la teoria delle «quattro mele». Perché incartarle con polistirol­o e cellophane? «E ricordatev­i — si appella ai romani con una punta di materna perfidia — che i cassonetti hanno delle aperture e che i rifiuti vanno messi dentro, non accanto». Una Raggi inedita, che indossa ora i panni della principess­ina del foro

e ora quelli della brava massaia. Il Pd, otto consiglier­i appena, appare smarrito. Giachetti chiama la Raggi «signora sindaco», Di Biase la declina al maschile, Orlando Corsetti dedica alla «cara sindaca» una strofa di Gabriella Ferri, per dire che i romani non si faranno incantare: «Er core nostro è ‘na capanna / core sincero che nun te inganna».

Alle cinque della sera è tutto finito, la mozione di sfiducia contro Paola Muraro è bocciata e la sindaca incassa una vittoria scontata. Quasi per una tacita intesa, Panzironi, Buzzi e Mafia Capitale restano sullo sfondo. E la Raggi, prima di calare il sipario, allude all’inchiesta: «Non si nomina un certo evento, sennò sembra che vogliamo fare dietrologi­e».

Economia «circolare» Raggi e la riduzione della spazzatura: evitate la frutta con polistirol­o e cellophane

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