Da Abu Dhabi al Brasile, la sfida per i 4 milioni di voti all’estero
«Questa è la città italiana più grande al mondo». Matteo Renzi davanti al neonato comitato per il Sì di San Paolo del Brasile ha toccato le corde dell’«orgoglio italiano» di chi vive all’estero. L’inaugurazione da parte presidente del Consiglio, tra una gara e l’altra delle Olimpiadi di Rio, non è stata casuale né di routine. L’elettorato potenziale dei residenti all’estero è di circa 4 milioni di persone, quasi l’8% del totale. Per dare un’idea, all’ultimo referendum, quello così poco sentito sulle trivelle (32% di affluenza), hanno votato 780 mila italiani residenti fuori dai confini: in un eventuale testa a testa al referendum d’autunno è una cifra già appetibile così, figurarsi se la partecipazione dall’estero, come probabile, dovesse essere superiore. Trattandosi poi di un referendum, e non di elezioni Politiche, non ci sono collegi: un voto espresso all’estero vale esattamente come uno in Italia. A rendere ancora più interessante per i due schieramenti questo «tesoretto» di elettori, c’è anche la nuova normativa, in vigore da quest’anno, che prevede che possa votare anche chi è temporaneamente fuori dai confini (minimo tre mesi),
senza che sia più necessario essere iscritti all’Aire (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero). «Dopo l’incontro con Renzi, quelli di San Paolo sono gasatissimi, ci chiedono molto materiale» dicono in Italia al quartier generale del Sì. In Brasile i comitati a sostegno della riforma Boschi sono tre: oltre a San Paolo, Porto Alegre e Brasilia. In tutto i comitati per il Sì all’estero sono una trentina («ma altri ne arriveranno»): 6 in Svizzera, 3 a Bruxelles, e poi Parigi, Londra, ma anche Tunisi, Abu Dhabi, San Francisco, il Canada e l’Australia. In alcuni casi sono costituiti nelle sedi estere del Pd o per iniziativa dei parlamentari dem eletti in quelle circoscrizioni, in altri si tratta di gruppi di non iscritti al partito: basta registrarsi, indicare l’abitazione di uno del gruppo e una mail, «poi noi da Roma avviamo i contatti». La stessa cosa succede anche tra i sostenitori del No. Per ora i comitati sono di meno — Monaco di Baviera, Budapest, Francoforte, Amsterdam, le immancabili Parigi e Londra — «ma abbiamo ben presente il tema e ci stiamo lavorando» dice Alfiero Grandi vice presidente del comitato nazionale che aggiunge: «Noi andremo a dire agli italiani all’estero che con la riforma di Renzi i loro rappresentanti in Senato non ci sono più. Gli chiederemo se sono contenti oppure no».
Le iniziative Costituiti 30 comitati per il Sì in varie città del mondo. Il No: «Ci stiamo attrezzando»