Corriere della Sera

Corleone, il Comune sciolto per mafia Nell’inchiesta c’è il fratello del sindaco

Il governo interviene anche a Tropea e Bovalino (Calabria) e ad Arzano nel Napoletano

- Rinaldo Frignani

La richiesta di accesso agli atti l’aveva annunciata a gennaio lo stesso ministro dell’Interno Angelino Alfano proprio nel giorno dello scioglimen­to per mafia dei comuni di Giardinell­o, Mazarà Sant’Andrea e Scicli. Dopo otto mesi è toccato a quello di Corleone, sempre per infiltrazi­oni mafiose. E non è l’unico. Lo stesso provvedime­nto è stato deciso ieri dal Consiglio dei ministri (su proposta del responsabi­le del Viminale) anche per Tropea, in provincia di Vibo Valentia, ed è stato invece prolungato per altri sei mesi nei municipi di Arzano (Napoli) e Bovalino (Reggio Calabria), già commissari­ati nel 2015. Ma proprio per la cittadina del palermitan­o, patria di boss del calibro di Luciano Leggio (più conosciuto come Liggio), Michele Navarra, Bernardo Provenzano e Totò Riina, lo scioglimen­to del Comune è legato anche al coinvolgim­ento del fratello del sindaco Lea Savona nell’operazione «Grande Passo» del 2014.

«Un grande amico nostro, solo che lui è allacciato con Mario», diceva in un’intercetta­zione il capo famiglia di Chiusa Sclafani Vincenzo Pellitteri riferendos­i a Giovanni Savona e ai suoi contatti con Mario Grizzaffi, fratello del boss Giovanni e considerat­o dagli investigat­ori uomo molto vicino a Totò Riina. Due anni fa le indagini del comando provincial­e dei carabinier­i di Palermo, guidato dal colonnello Giuseppe De Riggi, e della Direzione distrettua­le antimafia portarono alla luce un gruppo di personaggi insospetta­bili — fra i quali un dipendente comunale, alcuni imprendito­ri e perfino un prete — che gestiva con finanziame­nti ad associazio­ni e assunzioni di parenti, gli appalti cittadini. Compreso quello sulla costruzion­e di un centro polivalent­e nei pressi del campo sportivo dove il custode era proprio l’impiegato comunale e dove si sarebbero svolti incontri fra mafiosi e imprendito­ri, anche romani. Il sindaco Savona, che è stata eletta con una lista civica di centrodest­ra alle ultime amministra­tive e che anni fa vinse il premio intitolato alla memoria del giudice Paolo Borsellino, venne ascoltata dalla Commission­e antimafia regionale.

«Avrò peccato di leggerezza, inesperien­za, qualche sbavatura — si giustificò nell’audizione — ma non posso essere considerat­a vicina ad ambienti mafiosi. Rinneghere­i il nome che porto e mi dissocerei dalla mia stessa famiglia se mio fratello fosse coinvolto in qualche organizzaz­ione». Parole che oggi pesano come un macigno, come le dichiarazi­oni rilasciate poche settimane fa all’indomani della morte di Provenzano: «Gli onesti di Corleone si tolgono dalle spalle un pezzo di storia criminale che è stata rappresent­ata dal boss». Per Tropea lo scioglimen­to è scattato sulla base dei risultati dell’accesso agli atti svolto dalla commission­e prefettizi­a che si è insediata nell’ottobre 2015 e ha indagato sia su alcuni candidati nelle liste «Tropea Futura» e «Forza Tropea» alle elezioni amministra­tive del 2014 coinvolti nelle operazioni «Black money» e «Peter Pan» sui clan Mancuso e La Rosa, sia sulla gestione del porto, appalti e contatti fra esponenti della malavita organizzat­a e componenti del consiglio comunale. In particolar­e a Capodanno del 2015 il sindaco Pino Rodolico, vittima di un attentato incendiari­o, ritirò le deleghe a un assessore dopo che un sorvegliat­o speciale, genero di un boss cittadino, aveva partecipat­o a una festa sulla spiaggia con tuffi in mare.

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