IL SOLITO RITO DI GRIDARE CONTRO LE « EPURAZIONI»
«Nuova epurazione in casa Rai, questa volta a farne le spese è Luca Mercalli, il climatologo». Epurazione? Non è un termine un po’ forte, del tutto spropositato, e non solo per un climatologo? Ogni volta che in Rai un conduttore, un direttore, un chicchessia viene sostituito si grida all’epurazione. Mettiamo pure che Campo Dall’Orto prenda una cantonata nel scegliere un direttore, mettiamo pure che un direttore sbagli nel sostituire un conduttore con un altro, ma avranno pur diritto a fare le loro scelte senza che qualcuno, ipocritamente, gridi all’epurazione? Ho scarsa stima di Carlo Conti come direttore artistico di RadioRai, ma perché non si possono sostituire Lillo & Greg? Dove sta scritto? E questi grandi professionisti «epurati» come mai non sono mai contesi da altri network? Prendiamo il caso di Bianca Berlinguer, sostituita alla direzione del Tg3 dopo sette anni. Si può parlare di «epurazione» nei confronti di una giornalista cui sono stati offerti altri importanti programmi? Epurare significare fare purezza, un verbo che mette i brividi solo a usarlo. Se cerco su Google alla voce «epurazioni Rai» ottengo 83.700 risultati. Viviamo dunque nel Paese delle Grandi Purghe Mediatiche? Le epurazioni storiche sono quelle di Stalin o, ai nostri giorni, quelle di Erdogan contro i membri della organizzazione di Fethullah Gülen. Non quelle della Rai. Viale Mazzini è l’unico luogo in cui le cariche sembrano a vita, in cui nessun cambiamento, giusto o sbagliato che sia, può essere proposto senza che si urli al sacrilegio. È il tempio dei diritti inchiodati ai muri e alle poltrone. Spesso, gli «epurati» aspettano solo che un pretore del lavoro li ricollochi al loro posto. In Rai si strilla solo all’uscita, mai all’entrata. Fino a quando la Rai resterà pubblica sarà la politica a fare le nomine. Inutile fare gli ipocriti, vergognoso gridare all’epurazione.