Muri di piume
Nell’immagine in alto: l’installazione dell’artista marocchina Safâa Erruas (1976) Les Oreillers, realizzata nel 2005. È stata esposta al Museo di arte moderna e contemporanea «Mohammed VI» di Rabat, in Marocco non poteva però prevedere, ai tempi in cui scriveva Bobbio, l’invenzione di Internet. Uno strumento che ha accresciuto l’efficienza e la trasparenza di governo e amministrazione, ma che ha anche moltiplicato i margini d’azione di tutte le «dittature invisibili» e oggi, ahimè, del fanatismo jihadista.
Scomparsi dai trattati di scienza politica, gli arcana seditionis stanno tornando ad essere un pericolo più dirompente della stessa guerra «guerreggiata». Le nostre democrazie non sono adeguatamente preparate. Per garantire la sicurezza, è probabile che dovremo rinunciare a un po’ di trasparenza e forse persino a qualche garanzia costituzionale (Hollande ha già parlato del modello Israele). Dovremo imparare a condannare e isolare i fanatici e i violenti, senza se e senza ma. E bisognerà accettare un maggior ricorso alla forza. Come ha detto Michael Walzer in una recente intervista al «Corriere della Sera», si tratta di sfide delicate per la cultura occidentale, soprattutto a sinistra. Ma non possiamo stare fermi di fronte a poteri omicidi che si nascondono fra di noi. Se ci stanno a cuore gli ideali democratici, dobbiamo difenderli prendendo atto della realtà che ci circonda. Con la sua spiacevole e persistente dose di «irragionevolezza» e ancora popolata di fanatismi, pronti all’uso sfrenato della violenza. «Parto da una narrazione e poi provo a perdermi insieme ai personaggi» perché «non ho un’idea molto chiara e lucida del mio lavoro e, anzi, ci tengo a mantenere una certa incoscienza». Sono alcune delle insolite (e sincere) confessioni che Matteo Garrone consegna a Le fiabe sono vere (Castelvecchi, pp. 48, 5), stimolato da Italo Moscati a parlare del suo lavoro, delle sue origini da tennista col pallino della pittura e del suo ultimo film Il racconto dei racconti Nuova edizione, dopo quella Baldini & Castoldi del ’98, del fondamentale libro-intervista di Chris Rodley a David Lynch. Ripubblicato da il Saggiatore nella sua forma integrale (Io vedo me stesso, traduzione di Marco Borroni pp. 432, 25), con due nuovi capitoli su Una storia vera e Mulholland Drive (oltre a un breve saggio di Andrea Morstabilini su Inland Empire e a un utilissimo indice analitico), guida il lettore nel mondo visionario e geniale del regista, svelandone anche gli interessi meno noti. Imprescindibile