Il coraggio di parlarne
Netrebko e l’autismo di suo figlio: una mamma non deve nasconderlo ma quando lo seppi mi sentii morire
SALISBURGO Anna Netrebko balla in un fugace momento di gioia che le concede il suo dolente personaggio, e si inginocchia quando si dispera. Anna è una diva di una semplicità disarmante; in scena si trasforma, è un animale da palcoscenico anche se la Manon Lescaut al Festival di Salisburgo è in forma di concerto e non scenica. Come chiede Puccini, il soprano russo giura fedeltà a Yusif Eyvazov: lui fa Des Grieux e nella vita è suo marito, archiviata la relazione con il baritono Erwin Schrott da cui ha avuto il figlio Tiago.
Lei e Yusif vi siete conosciuti all’Opera di Roma proprio per «Manon Lescaut».
«Arrivai impreparata. Ricordo che studiavo dalla mattina alla sera, le prove con Riccardo Muti, le tensioni dei sindacati... Un teatro con una grande acustica, ma un po’ caotico, pero’ se mi invitassero ci tornerei volentieri». Ha un sapore diverso giurarsi amore in scena col proprio
marito?
«No, siamo due professionisti. Abbiamo lo stesso repertorio e cercheremo di lavorare spesso insieme. Quando cantiamo, siamo due cantanti. C’è una cosa che non ci piace l’uno dell’altro: lui dice che canto troppo forte vicino al suo orecchio, quanto a lui, non sopporto quando mi afferra per i capelli».
Le linee brevi di Puccini sono pericolose per una voce come la sua divenuta così estesa?
«Puccini è facile e pericoloso, ci sono frasi che ti incantano per la bellezza ma non ti devono piacere troppo, se le canti in modo ampio e profondo la voce potrebbe oscillare. Ma amo Puccini, è al centro del mio nuovo cd, Verismo, inciso per DG con Toni Pappano e l’Orchestra di Santa Cecilia. Sono personaggi passionali, che soffrono, tutte donne in amore. Quanto a me, non pretendo di essere una ragazzina in scena, non sarebbe interessante per me. Ho 45 anni e vivo la mia età».
Lo spettacolo del 2017 sarà a Salisburgo: lei, Aida, diretta da Muti, il quale con un’opera in forma scenica tornerà al Festival dopo sei anni.
«La mia prima Aida… È difficile vedere una produzione interessante di questo miracolo di Verdi, spesso l’amore tra Aida e Radames non si nota, passa in secondo piano e invece è importante. Perché Radames ama Aida quando ha accanto a sé una donna bella e potente come Amneris? Voglio studiare lo sfondo storico tra egizi e etiopi, il valore della natura e della terra». Parentesi personale su suo
figlio Tiago, affetto da un leggero autismo: lei si è rivolta alle donne…
«Sì, devono avere coraggio e parlarne, la medicina ha fatto grandi progressi. Il figlio della mia migliore amica è autistico in modo grave, purtroppo non è migliorato. Quando mi accorsi di Tiago, mi sentii morire. Ma oggi è seguito, studia privatamente a New York, dove ci sono i migliori terapisti. Per fare un esempio, se gli chiedo qualcosa di due anni fa a Milano quando cantavo alla Scala, non ricorda nulla. Non può analizzare il pensiero. Però è il ragazzo più felice della terra. Ha 8 anni ed è vicino ai ragazzi della sua età».
Ha fatto scalpore la sua rinuncia di «Norma» a Londra.
«Devo essere sincera con me stessa, è un ruolo grande e esigente, non sono riuscita ad amarlo. Se il mio cuore non palpita, meglio rinunciare. Si parla anche di una mia prima volta a Bayreuth, forse. Il problema è che non riesco a memorizzare il tedesco. Thielemann una volta in prova per il mio unico Wagner, Lohengrin, si è arreso: ok, dove vuoi che metta la tv, a destra o a sinistra?».
Alla Scala lei canterà per la prima volta «Andrea Chénier».
«Sì, il prossimo 7 dicembre, con Riccardo Chailly. Di quell’opera feci solo un duetto in concerto, il mio ruolo è drammatico, ha tanti legati, serve una voce ricca e fresca. La Scala è la Scala, ogni cantante vorrebbe cantarvi almeno una volta. Il loggionismo è un fenomeno milanese, un giorno ti amano e un giorno ti odiano. Io non ho mai avuto nessuno contro e sono sempre stata accolta bene».
In scena Mio marito, il tenore Eyvazov, dice che sul palco canto troppo forte vicino al suo orecchio