Cancellara, l’ultima crono è la più bella
Lo svizzero, acciaccato e pieno di dubbi, trionfa davanti a Dumoulin e Froome: «La gara perfetta»
Il figlio dell’elettricista di Potenza ha consegnato ai tipografi l’ultima pagina della sua biografia. Visto, si stampi: vita e opere di Fabian Cancellara, ciclista monumentale. Partito ieri per la cronometro olimpica con più acciacchi di un pensionato e più dubbi di uno studente alla vigilia della maturità, curva dopo curva Fabian ha realizzato che il capitolo finale sarebbe stato indimenticabile.
Sul toboga che costeggiava Portal, la spiaggia più incontaminata di Rio, i coscioni della Locomotiva di Berna hanno girato a pieno regime per 55 chilometri e 72 minuti, schiantando Lazzaro Dumoulin (18 giorni fa si era rotto il polso al Tour, ora è d’argento) e Frullino Froome per cui il sogno di oro olimpico resta tale. Fabian, partito prima di loro, li ha aspettati sotto il podio su una «hot seat» adeguata al luogo (lettino da spiaggia) e asciugamano da muratore al collo. E quando Froome ha tagliato il traguardo — battuto — Fabian si è messo a piangere come un bambino prima di abbracciare, stritolandolo, il coach-commissario tecnico italiano Guercilena. Secondo oro olimpico in carriera (il primo a Pechino 2008 dove vinse anche l’argento in linea) che va ad aggiungersi ai quattro mondiali e a una versatilità lunare: tre Fiandre, tre Roubaix, una Sanremo, tappe (e maglie) al Tour e alla Vuelta e in una miriade di altre corse e di podi.
Quindici anni di carriera, sei squadre, una decina d’incidenti più o meno gravi in cui si è fratturato o lussato ogni osso del corpo facendo a credere a tutti, ogni volta, che il tramonto fosse alle porte. Il tramonto, però, voleva programmarlo lui. Scegliendo per il 2016 un obbiettivo abbordabile (il prologo del Giro e la maglia rosa), uno difficile (Fiandre o Roubaix) e uno considerato impossibile, a suo stesso dire, per la durezza del tracciato: la crono di Rio. Falliti i primi due, ha messo anima e cuore sul terzo. Cancellara: «Ho lavorato duro, durissimo. Negli ultimi giorni ero tormentato dai dubbi. Poi sono riuscito a sintonizzarmi sulla gara: è stata la mia corsa perfetta».