Corriere della Sera

Magistratu­re contro La lite finisce al Tar

Ricorso della magistratu­ra contabile contro quella tributaria, tutto sull’interpreta­zione di una parola

- Di Sergio Rizzo

Si sono sempre guardati un po’ in cagnesco. E prima o poi, nella Repubblica delle magistratu­re doveva succedere: la zuffa tra magistrati della Corte dei conti e tributari.

E si combatte intorno a una parola: contabile. Succede che il 12 luglio, incombente la canicola, il consiglio di presidenza della giustizia tributaria, ovvero il Csm di quei magistrati, esclude dalle presidenze di alcune commission­i tributarie provincial­i i giudici della Corte dei conti. Il cavillo è l’interpreta­zione dell’articolo 3 del decreto legislativ­o 545 del ‘92: «I presidenti di commission­i tributarie provincial­i sono nominati tra i magistrati ordinari, o amministra­tivi o militari, in servizio o a riposo...». E siccome non sono citati quelli «contabili», ecco che questi sono tagliati fuori.

Per i giudici della Corte dei conti è un colpo sotto la cintura. Da decenni molti di loro presiedono le commission­i tributarie provincial­i e nessuno in quella sede si era mai sognato di sollevare la questione. A parte il fatto, rumoreggia­no, che non si capisce perché i magistrati militari potrebbero presiederl­e e loro, che di mestiere si occupano di verificare calcoli e procedure, invece no. Per non parlare della questione che i riguarda componenti delle commission­i tributarie: loro non sono neppure magistrati, ma semplici dipendenti pubblici quando non avvocati o perfino commercial­isti. Situazione che prefigura in determinat­e circostanz­e mostruosi conflitti d’interessi e può spiegare perché nella maggioranz­a dei contenzios­i la spuntano i contribuen­ti. Il tutto grazie a lungaggini non inferiori a quelle della giustizia ordinaria. Sono previsti infatti tre gradi di giudizio: il primo davanti alle commission­i tributarie provincial­i, il secondo di cui sono competenti le commission­i regionali, e il terzo in Cassazione. Continua però a sopravvive­re, 24 anni dopo essere stata soppressa, la Commission­e tributaria centrale con funzione di terzo grado di giudizio, ma solo per cause insorte prima del ‘96: vent’anni fa. Il che dice tutto su questo sistema inefficien­te, creato con legge del 1864, del quale è stata invano ipotizzata più volte la soppressio­ne. I giudici della Corte dei conti non ci stanno a perdere le loro prerogativ­e, compresi i gettoni spettanti ai presidenti di commission­e tributaria, e piantano una grana. Sostengono di essere per prassi costituzio­nale equiparati agli amministra­tivi, perciò la parola «contabili» non figura nel decreto (1992) dell’ultimo governo Andreotti. Dicono pure che non si può escludere il rischio di ricorsi per invalidare sentenze passate di commission­i presiedute da loro.

Il consiglio di presidenza dei giudici tributari non ci sente. E allora i magistrati della Corte dei conti ricorrono al Tar. Così un giudice amministra­tivo dovrà dirimere una controvers­ia fra toghe: tre magistratu­re impegnate su una parola. Solo in Italia poteva accadere. Con i problemi che ha la nostra giustizia... Ma non sarà che la giustizia ha tutti quei problemi perché si pensa più a queste cose che a far funzionare i tribunali?

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy