Corriere della Sera

«Il referendum e Cl: un fatto di coscienza»

- di Marco Ascione

«Cl non è una lobby». Parola di Giorgio Vittadini, in vista del Meeting che comincia venerdì a Rimini. «Il referendum? Il voto è un fatto di coscienza personale».

Comunione e liberazion­e voterà Sì alla riforma della Costituzio­ne?

«Il voto al referendum è un fatto personale e di coscienza».

Al Meeting di Rimini che inizia venerdì saranno molte le voci a favore, a partire da quella della ministra Boschi.

«Ci sarà un dibattito equilibrat­o. Saranno presenti con la ministra anche Sabino Cassese e un costituzio­nalista come Francesco Paolo Casavola, schierato per il No. In questo modo, come ha auspicato il presidente Mattarella, è possibile capire le ragioni di merito».

Giorgio Vittadini, lei ha presieduto la Compagnia delle opere e guida la Fondazione per la Sussidiari­età: a titolo personale sa già che scelta farà nell’urna in novembre?

«Ancora non lo so e voglio proprio usare il Meeting per capire. Sono d’accordo sulle questioni che riguardano la semplifica­zione delle decisioni. Come si capisce anche attraverso la mostra sui 70 anni della Repubblica che abbiamo costruito con Luciano Violante, quando è stato creato l’assetto istituzion­ale c’erano partiti forti che potevano decidere e istituzion­i deboli per evitare rischi di totalitari­smo. Oggi non è più così. Sono invece molto in disaccordo sulla parte che riguarda il rapporto tra lo Stato centrale e le Regioni. Ma qualunque sarà l’esito si deve aprire una fase di ripensamen­to costituzio­nale».

Il Meeting compie 37 anni. Qual è il vostro messaggio?

«Come auspica lo stesso titolo del Meeting, “Tu sei un bene per me”, così come quello della mostra “L’incontro con l’altro: genio della Repubblica”, il confronto con chi è diverso è l’aspetto fondante della civiltà e della propria identità contro un mondo di steccati. A Rimini si incontrera­nno il ministro dell’Interno tedesco e Alfano, il quartetto tunisino premio Nobel per la pace, il Grand Muftì di Croazia, Romano Prodi e monsignor Tomasi che parlano dell’Africa… Lo spirito è quello dell’incontro tra San Francesco e il Sultano, come modo per vincere anche la violenza terroristi­ca».

Come dice il Papa, non è in corso quindi una guerra di

Sul referendum I dibattiti a Rimini ci aiuteranno a capire che cosa è giusto fare. Come ha detto Mattarella, dobbiamo concentrar­ci sulle ragioni di merito

Su Parisi Sono lodevoli tutti quei progetti che partono dai contenuti. Rajoy ci ha messo otto anni per ricostruir­e il programma e poi ha vinto

religione.

«Certo, è una guerra di potere, ideologica ed economica che usa la religione per coprirsi. In tutti i fronti c’è chi vuole guerra e violenza. Quando c’era la guerra tra protestant­i e cattolici, cinque secoli fa, era forse diverso?».

Non tutti nella Chiesa la pensano così.

«La vita della Chiesa ha sempre avuto dentro San Francesco e i guerrafond­ai. È il grande tema: la fede come egemonia o la fede come presenza? È la stessa storia del movimento in cui io vivo».

Per molti rappresent­anti di Cl il cristianes­imo è stato anche egemonia.

«Questo infatti è un percorso e un travaglio anche dentro di noi. Noi non siamo i puri contro gli impuri. Io stesso devo lottare dentro di me contro l’idea dell’egemonia».

Sbaglia oggi chi tra voi si impegna in politica?

«Certamente no, ma Cl non si identifica in alcuno schieramen­to a priori. Lo scopo del Movimento, e lo dico citando Giussani e Carrón, è educare alla fede e all’umano. Chi tra noi fa la scelta dell’impegno politico lo fa a titolo personale». Sulla Riviera romagnola Il cartellone per la prima edizione del Meeting di Comunione e liberazion­e, sulla spiaggia di Rimini, nell’agosto del 1980. In basso, da sinistra, i presidenti del Consiglio all’evento: Giulio Andreotti con i giovani di Cl il 24 agosto del 1989; Silvio Berlusconi il 23 agosto del 2002; Matteo Renzi il 25 agosto del 2015

Si offende quando sente parlare di Cl come una lobby?

«Non mi offendo sempliceme­nte perché non è vero. Significa attribuire al Movimento gli errori di alcuni e non vedere le miriadi di opere, penso al Banco Alimentare, all’apertura ecumenica, all’educazione di giovani che escono dal nichilismo. Il manicheism­o a qualunque livello è uno degli errori più grandi della storia».

Lei è stato amico di Jannacci, un’icona della sinistra. E prima del voto per il Comune di Milano aveva auspicato la vittoria di uno Jannacci della politica. È andata così?

«Enzo, come Gaber e altri, parlava della vita reale. Del barbone, dell’operaio che si innamora, della periferia. La politica ha dignità se si accorge dei particolar­i. Da questo punto di vista Milano oggi è l’inizio della ripresa della politica. Sia Sala sia Parisi hanno parlato di contenuti alla città, entrambi con toni bassi. Milano si è divertita a sentire questi due bei personaggi. Si sono dimenticat­i Berlusconi, Salvini, La Russa, Renzi. Non c’è bisogno del demiurgo ma di partiti che siano espression­e di ideali e interessi legittimi. Questo è il valore della Prima Repubblica che dobbiamo recuperare».

Al Meeting viene contestato di essere sempre filogovern­ativo. Che giudizio dà del governo Renzi?

«Non filogovern­ativi, ma da tempo preoccupat­i che l’Italia s’impoverisc­a. L’azione di questo governo sullo scenario internazio­nale è giusta, anche perché è benemerito tutto questo lavoro di rappresent­anza dei nostri interessi senza appiattirs­i sull’Europa. Ma Renzi sbaglia quando dice: “Tutto risolto, gli altri erano cattivi”. Bisognereb­be dire: “La situazione è difficile, facciamo quel che possiamo, abbiamo bisogno di voi”».

Insomma Renzi dovrebbe essere più umile.

«Nessuno può risolvere da solo i problemi del Paese. Quando la barca affonda bisogna che tutti collaborin­o, chi guida e chi rema. Come cantavano i Blues Brothers: everybody needs somebody».

Lei ha raccontato di aver votato Berlusconi nel 2008, per poi restare deluso dal «fallimento della sua rivoluzion­e liberale». Che cosa pensa ora dell’aggregazio­ne liberalpop­olare che vorrebbe costruire Parisi?

«Sono lodevoli tutti quei progetti che partono dai contenuti. Rajoy ha perso due elezioni di seguito, per otto anni ha ricostruit­o il programma, poi ha vinto. Quando Merkel ha quasi pareggiato, invece di comprarsi qualche deputato ha condiviso con l’SPD un programma di quasi mille pagine. E lo sta attuando».

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Chi è Giorgio Vittadini, 60 anni, a capo della Fondazione per la Sussidiari­età

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