La questione del burqa fa litigare il governo
La legge tedesca, attualmente, non impone il divieto di indossare in pubblico abiti che coprono integralmente il volto. Ma dopo il «luglio nero» costellato da diversi attentati — con quelli di Würzburg e Ansbach compiuti da due rifugiati e rivendicati dallo Stato Islamico — l’idea di vietare burqa e niqab in Germania è tornata in primo piano nella discussione politica su sicurezza, migranti e integrazione.
La partita si gioca soprattutto all’interno del partito della cancelliera Angela Merkel, l’Unione cristiano-democratica (Cdu). La politica di accoglienza voluta da Merkel, «porte aperte» e «Wir schaffen das», «ce la facciamo», è di fronte forse alla sua prova maggiore. In una riunione dei vertici della formazione di centrodestra tenutasi due giorni fa a Berlino, c’è stato un lungo dibattito sull’opportunità di introdurre o meno questa norma «anti-burqa». L’ala più oltranzista della Cdu spinge sull’acceleratore. Il segretario generale del partito, Peter Tauber, ha detto che il direttivo nazionale è concorde nel ritenere il velo integrale un fattore «contrario all’integrazione». Anche il ministro dell’Interno e membro di spicco del partito, Thomas de Maizière, nell’introdurre la settimana scorsa un nuovo pacchetto sicurezza in chiave anti-terrorismo aveva parlato della norma. Pur dichiarandosi contrario a vesti che coprono integralmente il volto ha detto: «Non si può vietare tutto ciò che si rifiuta». I dubbi di de Maizière vertono sulla legittimità di una simile legge: nel 2012 una commissione governativa aveva già dato parere negativo.
Domani lo stesso de Maizière e i ministri dell’Interno dei Länder governati dalla Cdu si troveranno per discutere di proposte in materia di sicurezza. Il gruppo chiederà un piano comune per applicare il divieto del velo integrale in alcuni uffici pubblici, tribunali in testa.