Corriere della Sera

L’archivio

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CLo è? he ci abbia messo lo zampino il Demonio?

«Il Demonio è una cosa seria. Non va tirato in ballo così... Ma certo mai come di questi tempi ha trovato tanta legna da ardere».

Ce l’ha messo o no, lo zampino?

«E certo che ce l’ha messo! Perché, gli uomini si sono distratti. Fanno fare la tivù a chiunque! Qui c’è da fare una riflession­e. Non si può andare avanti con un mezzo così potente usato in modo così dissennato».

Ettore Bernabei si alza e s’infuoca e arrota le più dure delle consonanti toscane e si sbraccia e accusa. E spiega perché, proprio lui, che fu il potentissi­mo Dominus della Rai dal 1960 al 1974 e oggi presiede quella «Lux» che in questi anni ha prodotto un sacco di film di grande successo tratti dalla Bibbia (dalla Genesi a Abramo, Giacobbe, Mosé, Giuseppe...) e venduti a 62 tivù di tutto il mondo («anche nei paesi islamici sulle prime diffidenti») ha voluto promuovere per fine settembre un convegno ricco di ospiti di spicco dal titolo inusuale: «Dio è morto in television­e?».

«Per un credente Dio non muore mai. Ovvio. E men che meno abbiamo la presunzion­e di tenerlo in vita noi in tivù coi nostri film. Come Geremia, il prossimo, quindicesi­mo della serie. Ma certo mai come in questa epoca si è perso il senso del mistero, del sacro, dell’essere supremo. Di quello che Aristotele chiamava il Primo Motore Immobile».

Vorrebbe programmi «religiosam­ente corretti»?

«Ecco. È chiedere troppo? Non programmi religiosi, perché, anch’io che fo film sulla Bibbia mica dico che vanno trasmessi solo film sulla Bibbia. Si figuri! Ma rispettosi di chi non crede e di chi crede sì. Noi ci proviamo, a far cose corrette sotto il profilo delle Scritture ma godibili anche per chi non crede. È possibile. L’audience ci dà ragione. Io raccomando sempre ai registi: usate la tecnica della telenovela».

Telenovela­s bibliche?

«Parlo della tecnica. Popolare. Il messaggio è un’altra cosa. Piace? Bene. Non piace? Amen. Ma è rispettoso di tutti. Mica puoi far passare l’idea di Beautiful che si può cambiar moglie ogni settimana! Hai voglia che a uno gli vengono le frustrazio­ni! Quello cambia moglie ogni settimana e io mi tengo la mia 40 anni! Ma che messaggio è? Per quanto, parliamoci chiaro, la tivù è atea anche quando trasmette una bella telecronac­a da San Pietro con la messa del Papa».

In che senso?

«Nel senso che il Papa che dice Orate frates, sotto certi aspetti, è esattament­e la stessa cosa del calciatore che dribbla tutti e mette la palla dentro: gol! La stessa cosa».

Per capirci: la tivù banalizza tutto.

«Tutto. Perché, ha la pretesa di aderire alla realtà. E invece mica è così. Quella è tutta roba virtuale. Uno dice: più realtà della partita di calcio! No: quello non è il calcio. È un’altra cosa. Ecco il nodo: la tivù è un mezzo di per sé, pericoloso perché, spaccia il virtuale per realtà. Veda, la tivù è etimologic­amente atea. Non è contro Dio ma..».

È indifferen­te.

«Esatto. Il che è peggio ancora».

Parla di oggi o in generale, anche dei tempi in cui lei metteva i mutandoni alle Kessler?

«Ma io non ho mai messo i mutandoni alle Kessler! Con me le Kessler (che gambe! che gambe!) facevano vedere tutta la coscia. Con la calzamagli­a, ma tutta la coscia».

Vuol dire che lei non censurò mai nulla?

«Dario Fo».

Compliment­i: un premio Nobel...

«E chi se l’immaginava che arrivava al Nobel? Comunque non me ne sono mai pentito».

Possibile?

«Senta: io forse non sono uno di quelli che nella retorica fascista gettano il cuore oltre l’ostacolo. Ma la svolta alla Rai la diedi io. Quando

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